lunedì 10 settembre 2001

Buca Libre



I marmi di Val Serenaia, nelle Alpi Apuane Settentrionali (Toscana) sono sempre stati abbastanza avari in quanto a grotte. Nonostante la valle sia per buona parte circondata da splendide montagne di calcare zuccherino, tanto bianche da sembrare innevate nelle notti di luna piena, l'unico serio complesso ipogeo esistente si sviluppa interamente nei calcari selciferi (Buca del Pannè). Molte altre cavità sono state esplorate nel corso degli anni, ma nessuna per adesso (2001) ha permesso di raggiungere il cuore della valle, ovvero le eventuali zone profonde che drenano le acque sotterranee verso le sorgenti di Equi terme. La onnipresente attività estrattiva non ha ovviamente risparmiato nemmeno questo angolo del nord apuano, e la ricerca di probabili ingressi, attraverso gli squarci prodotti dalle cave sui fianchi delle montagne, sta diventando lo stile di ricerca di non pochi speleologi. Proprio cercando fra i piani di coltivazione delle vecchie cave abbandonate, nell'agosto del 2000 è stata individuata una stretta e ventosissima frattura, il cui allargamento ha dato i natali ad una nuova e strategicamente molto importante cavità. Si chiama Buca Libre, ed è posta alle pendici della lunga Cresta di Garnerone, a 1220 slm, lungo la strada marmifera che risale la valle da
nord a sud verso il Passo delle Pecore.


Una magnifica valle dal cuore di marmo

La Serenaia
è un suggestivo piano (1050 slm.) circondato dalle più alte cime Apuane. Il Serchio di Gramolazzo, uno dei due rami che formano il fiume Serchio, incide tutta la valle, formando anche una modesta e facile forra, piacevole da percorrere in estate. La sinistra orografica della valle è costituita principalmente da marmi e grezzoni, ben visibili non solo sulle creste dal Passo delle Pecore al Grondilice, dalla Cresta di Garnerone al Pizzo d'Uccello, ma anche nei fianchi delle montagne tormentati dalle numerosissime cave. Sul lato sud, i monti Contrario e Cavallo, assieme agli Zucchi di Cardeto separano Val Serenaia dalla Carcaraia, mentre ad est il monte Pisanino, il più alto monte della catena (1945 m.) chiude la splendida cornice di questa zona delle Alpi Apuane settentrionali. Una strada marmifera, in parte ora asfaltata, rimonta tutta la valle, fino a raggiungere la zona propriamente detta Orto di Donna, quasi al valico del Passo delle Pecore. In questi anni l'amministrazione comunale ha cercato di compiere un timido tentativo di salvaguardia della Serenaia, ma in maniera alquanto bizzarra, costruendo un pseudo pista ciclabile che si sviluppa per 100 mt. in tondo; impiantando un parcheggio con fondo sterrato; un campeggio per roulotte circondato da alte reti metalliche; dei tavoli da pic-nic e un ponte in legno massiccio su un corso d'acqua perennemente in secca. Forse più per regolamentare una consuetudine al campeggio abusivo e stanziale praticato da molti, che per motivi di valorizzazione e tutela vera e propria dell'ambiente; o forse solo per utilizzare i fondi europei, che sono sempre disponibili ma che troppo spesso vengono usati male.
L'impatto peggiore comunque, dal punto di vista "estetico", lo hanno sempre le cave, e soprattutto le terribili discariche di materiale da lavorazione (i ravaneti), ma nonostante ciò il fascino di Val Serenaia resta intatto, a dispetto della altissima piovosità (o forse anche per questo) che ne limita fortemente la fruizione, ad escursionisti e speleologi.

Piove, andiamo ad esplorare.

E proprio la piovosità ha rallentato l'esplorazione di questa nuova cavità. La grotta è stata trovate nell'agosto del 2000, grazie alla caparbietà dei sempre attivi "ricercatori" del Sottosopra (OSM Modena). Sono parecchi anni che Val Serenaia viene setacciata alla ricerca "dell'anello di congiunzione", ovvero di quella grotta che può portarci a Equi per via sotterranea (visto che dal Pannè è molto difficile arrivarci!). E quando le ultime colorazioni delle acque profonde dell'Abisso Saragato hanno confermato il collegamento tra le zone di assorbimento di Carcaraia e la sorgente più settentrionale del massiccio apuano, la voglia di tornare a cercare grotte si è fatta ancora più intensa. Girando fra boschi e cave, attorno al vecchio rifugio Donegani, finalmente, in uno dei numerosi tagli di cava abbandonati, si è trovato qualcosa di interessante: una modesta frattura con molta aria!
Dopo un primo periodo passato a cercare di rendere più transitabile quello che è poi diventato il meandro d'ingresso - lungo 40 metri e largo dai 25cm ai 40 cm - sono arrivati i primi salti, o pozzi che dir si voglia. Prima un P30, poi un altro meandro stretto e poi un P58 (che avendolo chiamato 70 in esplorazione non abbiamo avuto cuore a ridurgli il titolo dopo il rilievo). Alla sua base una grossa frana ha rallentato un po' l'esplorazione, non tanto perché non riuscisse a trovare la via buona, ma per il fatto che la grande quantità di massi sospesi sopra la testa non tranquillizzava affatto, ed essere costretti a scendere proprio sotto giganteschi blocchi incastrati fra strette pareti non ha mai aiutato il morale, in nessuna grotta.




Oltre la frana, un alto e stretto meandro ci porta ad una breve galleria, il cui pavimento è formato da agglomerati di selci e ciottoli fluitati, concrezionati in uno strato di calcite a sua volta fratturato per insenso longitudinale. L'acqua infatti scorre sotto i nostri piedi, qualche metro più giù. Poco più avanti c'è la zona più importante della grotta: il grande pozzo.
Per ben due mesi le continue piogge dell'autunno più piovoso che ricordo da dieci anni a questa parte ci hanno tenuti lontani da Buca Libre, nonostante avessimo davanti un nuovo pozzo da scendere, stimato oltre i 100 metri e tutti nel vuoto. L'assenza forzata dalla grotta ha scatenato le fantasie sulla reale profondità del pozzo, al punto da organizzare una vera e propria scommessa con tanto di quote (2.000 lire) e monte premi finale (36.000 lire) per chi si avvicinava di più alla misura reale a rilievo fatto. Oltretutto il racconto dei primi esploratori era il seguente: “il primo sasso ha impiegato 8 secondi ad arrivare; del secondo non abbiamo nemmeno sentito il rumore!”
Potete ben immaginare come le cifre si siano sprecate, andando dai timidi 105 metri ai trionfali 350 metri! Per la cronaca il pozzo misura 110 m., ma essendo immediataente seguito da due altri pozzi rispettivamente da 10 e da 35 m., si può dire che l'ambiente totale è di oltre 150 metri (dalla cima del pozzo si vede il fondo del terzo salto), anche se non è "morfologicamente corretto".
Alla base del P35 la cavità non è più percorribile, interrotta da una frana che per il momento non presenta punti "attaccabili" . Fra i sassi è stata anche trovata una buona quantità di marmettola, la polvere prodotta dal taglio del marmo in cava, molto probabilmente portata lì dall'acqua proveniente da un'altra delle tante cave presenti in valle. La corrente d'aria, molto forte per tutta la grotta, sembra interrompersi proprio prima di scendere questa bella verticale, e proprio inseguendo l'aria abbiamo iniziato le prime risalite alla partenza del P.110, ritornando però a cadere sempre sullo stesso ambiente. Un'altra finestra a prima vista molto invitante si trova alla base del P.110, ma anche da lì si ritorna sempre sul medesimo fondo.


Arie e acque

La presenza dell'acqua in grotta è molto modesta; un diffuso stillicidio nella prima parte della cavità si trasforma in un ruscelletto dopo il primo pozzo, e segue tutta la grotta sparendo nei meandri sfondati e ricomparendo nei pozzi. La cavità comunque è di quelle che potremmo definire "ad innesto rapido", ovvero bastano poche ore di pioggia per renderne impraticabile le discesa, fin dal primo salto, che risulta completamente invaso da una forte cascata.
Tutta la grotta si sviluppa su una fascio di fratture orientate NNE/SSO, in direzione 246°. E' all'altezza del P.110 (a -150) che si incontra una nuova frattura N/S, con un nuovo arrivo d'acqua e altro intenso stillicidio. Tutto ciò fa pensare che questo possa essere il nodo principale di quello che per adesso è solo un ramo, forse secondario, di una grotta più grande (l'attuale l'ingresso è senz'altro un ingresso basso). Buca Libre ha attualmente uno sviluppo spaziale di 604 metri, è profonda 295 metri è il suo spostamento in pianta è di 332 metri, tutti in direzione 246°.


L'inquadramento rispetto alle altre cavità

Se tracciamo una linea immaginaria dalla Carcaraia alle sorgenti di Equi Terme, e ipotizziamo che questa sia l'autostrada ipogea delle acque della zona, possiamo dire che Buca Libre può rappresentare il casello d'ingresso di Val Serenaia.
Le altre cavità conosciute si sviluppano quasi interamente nella zona sud della valle, in rocce e stratificazione totalmente estranee e sovrapposte ai marmi. Oltre ai piccoli pozzetti trovati nei vari tagli di cava, ma che non superano i 60 m. di profondità, l'unica vera grotta già esplorata in questa parte della valle è la Buca dei Lucchesi, poco più a Nord della Buca Libre, su un pendio roccioso a est del Pizzo d'Uccello, al limite dei boschi di faggi. Le rocce su cui si apre la grotta sono Calcari Selciferi, gli stessi che sormontano i marmi di Buca Libre. Ma la B. dei Lucchesi, esplorata negli anni '70 e '80 da lucchesi, bolognesi e poi piemontesi, e ripetuta qualche anno fa da noi, pare proprio che non voglia rivelare le sue profondità nascoste, se mai ne abbia realmente, e per adesso rimane lì.
Una zona interessante per le nostre ricerche esterne è la Valle dell'Asino, inglobata fra il Passo delle Pecore, la Cresta di Garnerone e la marmifera di Orto di Donna. Le rocce affioranti sono principalmente Grezzoni e Calcari Selciferi, ma la presenza di numerose doline, allineate N-S, potrebbe riservare qualche sorpresa.
Non che queste zone non siano state mai viste, ma come al solito la presenza di una cavità già sviluppata nelle vicinanze fa aumentare la voglia di scavare in qualsiasi buchetto, e come si sa i risultati arrivano anche così.

Francesco De Grande