mercoledì 26 maggio 2004

Buca Nuova e il principio di scarsità



24 maggio 2004

Che notte, quella notte!
E' finito l'inverno, è terminato il letargo, e finalmente si torna in grotta. La neve si è sciolta quasi dappertutto, ad eccezione dei canaloni sui versanti nord e della sempre bianca Carcaraia. A dire il vero questa neve è rosa, e non bianca, a causa delle pioggie di sabbia sahariana.
La strada che sale al Donegani è un vero macello; tra il ghiaccio, i camion di cava e la "poiana" è rimasto ben poco di asfalto. Siamo in cinque: Enrico, Wainer, Zac, Lella e io. La sbarra che chiude la strada per le cave si abbassa sotto i nostri occhi, e per una manciata di minuti non riusciamo a portare su gli zaini in macchina. Poco male, per fortuna non abbiamo tanto materiale e la salita è tranquilla. All'ingresso di Buca nuova decidiamo di fare uno spuntino, giusto per non entrare a stomaco vuoto: una fetta di pane, un po' di companatico, e via. L'inverno ha lasciato qualche traccia del suo passaggio, e molti sassi all'ingresso sono pericolosamente in bilico, molto pericolosamente, e chissà perchè, dalla scorsa settimana ogni sasso è diventato "pericolosamente in bilico". Ne spostiamo qualcuno, qulache altro finisce giù dal primo pozzo, brutta storia: o facciamo di nuovo la disostruzione, o facciamo finta di niente e leggeri come delle farfalle bypassiamo la frana incombente. Optiamo per la seconda soluzione, anche se leggeri come farfalle non lo saremo mai!
Mano a mano che si scende, nelle attese fra un frazionamento e l'altro mi viene fame. Non sono il solo, anzi direi che sono in buona compagnia. Tutti, inspiegabilmente, hanno una gran fame! Vebbe', succede. Arriviamo al fondo. La nostra intenzione è di risalire il camino dopo il meandro fossile, a -300. Zac e Wainer si fiondano subito su, e salgono in libera una ventina di metri. Di là c'è una galleriozza che prosegue in discesa. Bene! Ma per raggiungerli è meglio mettere la via in sicurezza, così attrezzano un lungo traverso e noi tre li aspettiamo al campo base.
Nell'attesa mangiamo...una scatoletta di simmenthal che era di da 6 mesi. Non vogliamo intaccare il cibo collettivo, in quanto ci rendiamo conto che non è tantissimo. Intanto i due "puliscono" un po' dai sassi. Inizia una specie di terremoto che in certi momenti fa addirittura tremare il pavimento di fango secco della nostra saletta; i sassi tuonano minacciosi giù dal camino; sembriamo in una trincea della prima guerra mondiale, con i colpi di "mortaio" che si sentono in lontananza. "Questo era vicino" dice Enrico a sottolineare un boato più grande degli altri. Si aspetta che la gragnuola finisca. Poi il silenzio, interrotto dal suono del trapano. Vado a vedere a che punto sono le cose. Il traverso è a posto, salgo su e ci infiliamo per la galleriozza. Per Wainer puzza di "già visto", e in effetto dopo qualche metro anch'io riconosco il posto: c'eravamo già stati, risalendo da un via diversa dentro la forra attiva. Pausa, andiamo a mangiare un boccone.
Torniamo al campo base e ci prepariamo per la cenetta: ci sono 3 etti di affettato e 4 etti di formaggio, ma solo mezzo chilo di pane. Mi guardano tutti malissimo, visto che la spesa l'ho fatta io. Neanche le due cioccolate (una bianca e una nera) servono a consolare, e i succhi di pera
e il gatorade sono considerati puri orpelli. Marinella divide il pane in dieci sottilissime fette, che ci serve con sopra una, massimo due, fette di salame. Per quello strano meccanismo del "principio di scarsità" tutti diventano sempre più affamati, di cibo solido, e nessuno vuol farsi il classico brodo caldo o il caffè (ne abbiamo circa 20 buste, inutili). Propongo una scatola di tonno, recuperata in mezzo ai fix, ma senza pane è dura da mandar giù. Enrico cede e va a prendere dell'acqua per fare il famoso caffè. Torna dopo un quarto d'ora, completamente zuppo: lo stillicidio sotto cui stava la bottiglia di plastica è troppo vasto, e per di più la bottiglia si è rovesciata, con il risultato che dentro c'è solo un fondo di acqua biancastra assolutamente inutilizzabile. E' proprio la classica "goccia" che fa traboccare il vaso.
Sognando polli arrosto e pizza allo speck, riprendiamo la salita. Al diavolo anche il rilievo, che destiniamo ad una prossima uscita.
La salita è lenta. Wainer lamenta continui crampi da fame, il suo stomaco in effetti parla da solo. Zac non è da meno. A metà del 60 ad Enrico si rompe il pedale, che cade in fondo al pozzo con i suoi 3 moschi appesi. Finirà il pozzo utilizzando una staffa da risalita. Alla base del 50, in
attesa che gli altri salgano, mi addormento. Anche Wainer ronfa accanto a me, dentro il suo poncho a 30 gradi. Alle 6 del mattino siamo finalmente fuori. Corriamo letteralmente ad Agliano, pensando a quello che c'è in dispensa. Confidiamo in Sauro, che sicuramente ha portato qualcosa....
Sono le 7,30. Sauro è sveglio e ci prepara un aglio, olio e peperoncino. Zac si nutre con biscotti e salame (il biscotto imbottito), io mangio una peperonata del giorno prima fredda da frigo con del cioccolato bianco, bevendo lambrusco....Andrea per poco non vomita!

Ah, dimenticavo, il traverso l'abbiamo disarmato, e l'esplorazione è al punto di prima, cioà ferma all'ENIGMA. L'aria c'è sempre, ma è instabile, alle 2 del pomeriggio usciva, alle 6 del mattino entrava.

Alla prossima
Francesco