Tutto è iniziato questa primavera, quando in uno dei rari fine settimana che non dedico al lavoro, sono andato in Apuane, nella vecchia cara casa di Agliano, a festeggiare il compleanno di Michele.
Il Monte Pisanino |
Ma l'imprevisto è dietro l'angolo, e la terra ha cominciato a tremare. Una serie di scosse di terremoto ha fatto ballare la Lunigiana e tutto il nord Apuane; non ci sono state vittime, per fortuna, ma molti danni materiali, con interi paesi "chiusi per crollo" come ad esempio il bellissimo Ugliancaldo, tristemente transennato ancora oggi e chissà per quanto tempo lo rimarrà.
La grigliata di Belzebù allo SpeleoRave |
Agosto, grotta mia ti riconosco
Sono preoccupato. Da molti anni non vado in grotta e non ho idea di come è messa la mia attrezzatura. In cantina ci sono pinne, maschere, mute, biciclette, gav, erogatori, piombi, che si mischiano allegramente con caschi, imbrachi, maniglie, discensori, lampade a carburo, longe... Comincio una meticolosa revisione, e mano a mano tutta l'attrezzatura speleo viene fuori; quello che è un po' in disordine è l'impianto luce, fatto nel 2003 da Wainer, e che non uso da anni; e non ho idea neanche di come si collegano i vari equalizzatori, caricabatterie, e batterie al litio. Provo a creare la prima sequenza, che mi pare logica, ma ecco che la batteria comincia fumare!! Non va, spero solo di con averla distrutta. La lascio raffreddare e timidamente la collego al frontale a led; funziona, apparentemente non ci sono danni; rimetto tutto nel suo contenitore e per il momento soprassiedo all'idea di ricaricarla, tanto la tensione mi sembra ancora accettabile, 7.8 v (anzichè 7.5).
La prima settimana di Agosto siamo in Apuane, per fare una decina di giorni di vacanze in bicicletta e per fare un giro in Buca, ufficialmente per controllare se il terremoto ha fatto staccare qualche masso dalla frana che si trova a -50, quella tenuta con la rete; ufficiosamente voglio invece vedere come me la cavo, se devo rinunciare per manifesta incapacità o se ancora posso dare il mio contributo. Il test è positivo, e pur se stiamo dentro, io e Enrica, poco più di 1 ora mi sento comunque in gran forma. Certo, non c'è il sacco, e come si sa senza sacco in grotta sono tutti bravi ad andarci!
Finalmente si disarma
Finite le vacanze si torna al lavoro e nello stesso tempo ci si prepara al disarmo. La squadra cresce, ma perde anche dei pezzi; Lella è fuori gara, eroicamente caduta in bicicletta mentre percorrevamo un tratto dell'"Eroica", mitica gara su strade bianche nella zona del Chianti. Ha una sospetta lesione al gomito, e ne avrà per 15 giorni almeno. Per il momento ci sono, Ape e Teto, Michele e Nebbia, Enrica, Adriano e Mirco, Siria e Francesco, io e Wainer, che non è del tutto sicuro, ma che sta maturando l'idea di farsi questa "sgroppata" giù dalle Alpi pur di non perdersi il disarmo della teleferica sull'imbuto, vera bestia nera della progressione verso il fondo. Di altri non so con certezza, ma Agliano è sempre Agliano, e qualcuno arriva sempre a trovarci.
Speleo motociclista transalpino |
Il giorno dopo siamo puntualissimi. Con i nostri zaini in spalla risaliamo il sentiero che porta alla Buca, un sentiero nuovo per la verità, tracciato a partire da un taglio di cava, in sostituzione dell'altro che era stato coperto dagli scarichi di un vecchio ravaneto ritornato in funzione.
La prima squadra: Nebbia, Wainer, il casco di Franz, Michele. |
La discesa è rapida e dopo circa 1 ora e mezza siamo tutti sotto il P30 che segue l'Imbuto. Wainer inizia a disarmare la zona fossile; la risalita di cui mi ha parlato Mez al telefono sembra essere molto breve e non ci sono più corde da nessuna parte; speriamo di non star lasciando qualche punto armato, magari dopo decine di metri fatti in libera da Mez, ma da quello che vediamo di altre corde non c'è traccia.
Ripartiamo subito dopo, cercando di salire ai frazionamenti senza attendere il libera in cima ai pozzi. Non siamo ancora tutti sopra l'imbuto che vediamo già le prime luci della seconda squadra che ci guarda, quasi 100 metri più in alto. Via con le radio e scopriamo che non hanno atteso le 3 ore concordate ma sono entrati prima; meglio così, perché abbiamo già un paio di sacchi belli pieni da far salire. Intanto Wainer sta cominciando a disarmare la teleferica. La tecnica, studiata a tavolino via chat fra Ginevra e Bologna, è la seguente:
1) smollo della maniglia che tensionava la parte alta della teleferica senza staccarla dal tutto
2) armo della progressione spostato sul primo degli armi esplorativi (leggasi su un masso scambiato per parete) attraverso salto acrobatico, dopo aver staccato la parte bassa contro parete
3) ridiscesa verso la parete per staccare definitivamente la teleferica
4) risalita verso l'armo sul famoso sasso per disarmare l'attacco provvisorio
5) salto acrobatico sulla frana per rimettersi in asse con l'attacco alto dell'imbuto
6) risalta e recupero di tutte le corde
Fatto il primo disarmo ci sono già due bei sacchi pronti per uscire, e vengono dati a Hendrix e a Riccardo, che si sono aggiunti alla seconda squadra. In cime al P64 ci sono Adriano e Mirco che aspetteranno il nostro arrivo.
Torniamo a salire e Wainer continua a disarmare, questa volta con l'assistenza di Nebbia. Intanto Michele continua e spruzzare Svitol su tutto il metallo che vede, e più che in grotta sembra di essere in un'officina di biciclette. Alcuni moschi e placchette sono messi proprio male; una placchetta era gonfia come una spugna, e si sfogliava paurosamente mentre Wainer la martellava per aprirla. Meno male che non si è frantumata mentre ci scendavamo sopra!
Sul P64 facciamo cambio squadra e io Michele e Wainer ci prendiamo 3 sacchi e iniziamo a uscire, mentre Adriano Mirco e Nebbia continuano a disarmare il resto della grotta. Ci sono sacchi a sufficienza, e fino alla rete dovremmo riuscire ad insaccare il materiale. Arriviamo alla "strettoia" UDM, ovvero quella che prima dell'intervento del GEO era una strettoia, ma che poi è diventata una semplice galleriozza un po' stretta. Da qui parte il P50, l'ultimo sforzo prima dei pozzetti d'uscita. Sale per primo Michele, e quando è a pochi metri dalle rete sente già le voci degli altri, ovvero la terza squadra, che aspetta a -50 l'arrivo degli altri sacchi. Arriviamo anche io e Wainer e ci ritroviamo tutti nella saletta alla base del pozzo dell'oblò. Troviamo Enrica, avvolta in un piumino arancione e con tanto di cappello e guanti di lana; Siria, che si è fatta male ad un dito e se lo cura tenendolo al caldo; Francesco, che non ha nulla e aspetta solo di uscire con un sacco; di Teto e Ape nessun segnale; sono stati lì fino a poco prima, ma poi sono usciti prima del nostro arrivo portandosi via un altro sacco di corde. Peccato, avrei voluto incontrali in grotta, visto che non ci si andava insieme da almeno 10 anni.
La discesa a Valla dopo il disarmo |
Giungo allo scivolo d'uscita insieme a Siria. Cominciamo a sentire l'odore del bosco che come sempre invade i primi metri di grotta; usciamo e siamo avvolti dall'aria tiepida del giorno che ancora resiste al fresco portato dalle prime ombre della sera. Sono le 18,30, e già pregustiamo la cena che ci aspetta ad Agliano. Chiamo subito Lella per informarla e per comunicarle il rituale "butta la pasta"!
Attendiamo che anche gli ultimi escano da Buca Nuova e lentamente ci cambiamo per scendere verso valle.
La veranda di Agliano è apparecchiata per le grandi occasioni. Sauro, Gigi e Marinella hanno fatto al meglio la loro parte, e c'è anche Nottoli, giunto anche lui a salutare il disarmo; spumante d'apertura, cuscus, salsicce, funghi ripieni, funghi trifolati, fegato con cipolla, salami stagionati e freschi, peperoni all'aceto, vino rosso a iosa, e per finire dolce, liquori e caffè.
Non sono stanco per nulla, e contrariamente alle mia abitudini non mi faccio neppure la doccia post-grotta.
Speleo delle Apuane (alloctono) |
Il giorno dopo è quello della conta dei materiali. Abbiamo portato fuori 11 sacchi di corde, e per vedere in che stato sono portiamo tutto nel piazzale davanti all'ingresso della chiesa. Ci sono corde che sono state dappertutto, che hanno "esplorato" in Arnetola, a Buca Alice, alla Moia, a Buca Sottostrada; che sono entrate al Pannè, o al Pannino, o chissà forse anche a Tutte Lame e a Buca Libre, che hanno perfino varcato l'oceano raggiungendo l'Honduras, e che poi ci hanno portato di nuovo in Apuane; ci sono placchette che non vedevo dagli anni del GSB, quelle di alluminio di Petzl; ci sono corde marcate con il metallo, che secondo Ape sono degli anni '80, tutte da buttare; altre hanno così tanto consumato i nostri discensori che sono divantate "metalliche". E parecchi moschettoni dobbiamo aprirli a martellate per separarli dalle placchette.
Foto di rito, come i cacciatori con i loro cinghiali e poi via, ognuno a fare il proprio. I materiali giudicati ancora buoni vanno in magazzino, ma occorrerà lavarli e verificarli prima di farli tornare in grotta. Per adesso sono dentro una cassa, con un cartello di "avvertimento" posto sopra.
Un altra grotta di Serenaia ha terminato la sua avventura; forse rimarrà al buio per sempre, o forse qualcuno proverà a tornarci dentro, immaginando che da qualche parte i primi esploratori hanno tralasciato di vedere un arrivo, o di raggiungere una finestra, e forse chissà, per casualità o per perseveranza, qualcuno riuscirà ad andare oltre, e troverà quei vuoti che portano alla risorgente di Equi, quegli ambienti che nelle nostre menti immaginarie hanno preso il nome di Gallerie Equi e Solidali.
Grazie a tutti, a chi c'era e a chi avrebbe voluto esserci ma non ha potuto.
Francesco