Visualizzazione post con etichetta esplorazione. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta esplorazione. Mostra tutti i post

mercoledì 15 aprile 2009

Back to Cavatorre


12 aprile 2009

Forti della grande e rinnovata partecipazione a questa uscita (ben tre partecipanti è più di un anno che non vanno in grotta, uno dei quali addirittura SETTE!), decidiamo di attaccare su due fronti. Io e Vincenzo ci fermeremo subito a -40 circa, per terminare la disostruzione (basterà in effetti poco per passare là dove già erano riuscite Siria ed Enrica) e ricontrollare la zona oltre la strettoia; tutti gli altri, tanica tagliata e sagolino di recupero alla mano, giù diretti alla condotta insabbiata, a proseguire gli scavi. Di neve ce n'è ancora tanta, ma il tempo incerto fa si che, all'ora dell'ingresso (circa le 10.30, un record per Agliano!) la fusione sia ancora limitata, e per entrare si debba passare solo sotto un debole stillicidio. Il problema è che nelle circa otto ore di permanenza in grotta, il sole e l'aria calda la devono aver fatta da padrona, tanto da trasformare la grotta in una specie di forra sotterranea (in genere, nel primo tratto, si fatica a vedere lo scorrimento...). Per fortuna in due abbiamo temporeggiato con la disostruzione e, raggiungendo gli altri con la piena già montata, siamo riusciti a spostare gli armi in tutti i punti dove le neo-cascate lo consigliavano...
Resoconti drammatici a parte, i risultati sono questi:
- a meno 40 si intercetta un arrivo nel marmo, risalibile verso l'alto (ma dove si potrà mai andare a finire??!!) e disostruibile verso il basso, anche se qui torna ad infilarsi nel selcifero ed è mia convinzione che possa fare anello con parti già note della grotta;
- alla condottina lo scavo è proseguito notevolmente (galvanizzato anche dal forte rumore d'acqua corrente che si percepisce al di là dell'ultimo ostacolo di sabbia) e la prossima volta, con un lavoro di un paio d'ore, si dovrebbe passare...

Il problema è che la prossima volta sarà già probabilmente in giugno, vista la grande quantità di neve che è consigliabile lasciare fondere per intero, prima di riinfilarsi in quel lavandino!!!

Mez

Partecipanti: Mezzetti Andrea, Panichi Siria, Ferrari Paolo (Geo), Mattioli Enrica, Vincenzo Culotta dalla Sicilia e Maurizio Stuppini dalla Liguria

venerdì 16 gennaio 2009

Su Cavatorre va sempre più giù


In due uscite, fatte in due anni diversi (29 dicembre e 4 gennaio), abbiamo continuato ad accrescere questa faticosa grotta. Nella prima io (Mez) e Wainer siamo riusciti ad attraversare, a circa 15 metri d'altezza dalla sua base, il pozzo "toppo" che era stato visto da Luca Grillandi la volta scorsa. Raggiunta l'evidente finestra, tramite un franoso piano inclinato, si perviene all'attacco di un altro salto, di una ventina di metri. Il pavimento è costituito da un terrazzo pensile, quasi uno shangai di blocchi: sotto si intuisce, gettando dei sassi, che il pozzo continua per altrettanti metri prima della vera base. Cerchiamo di raggiungere l'unico pertugio transitabile senza toccare i massi in equilibrio precario che ci stanno intorno. Nel pulire la parete Wainer stacca un "caterpillar di roccia", che passando neanche troppo lontano da me va a "tombare" il passaggio che stiamo cercando di raggiungere...
Guardandoci bene intorno però (chissà com'è che non lo si fa mai come si deve subito), scopriamo che in un angolo della sala un breve e stretto meandro conduce ad un pozzo parallelo, in roccia solida. L'unico problema è l'accesso, che si presenta sotto forma di una strettoia orizzontale scampanata sotto... Con un armo fantasioso riusciamo a scendere anche questo pozzo, e sotto di noi la grotta continua, sempre con ambienti grandi e verticali, mentre il nostro materiale no!
Vediamo anche il pozzo segato in due dalla frana pensile: molto brutto anche da li, ma per fortuna non occorre transitarvi in mezzo.
Nella seconda uscita, quella di gennaio, purtroppo, in seguito a malesseri vari, non siamo riusciti a proseguire l'esplorazione... Abbiamo comunque portato in grotta nuove corde e attacchi (che sono già relativamente vicini al luogo dove serviranno) e, cosa molto importante, abbiamo aggiunto anche una quindicina di tratte al rilievo, in zone non proprio comode.

Ricordo che se qualcuno vuol esplorare la grotta insieme a noi è sempre valido il motto "mal comune mezzo gaudio"; per quelli meno propensi alle profondità c'è comunque altro da fare, in zone più vicine all'ingresso.

Ciao a tutti, Mez

Partecipanti: Andrea Mezzetti, Wainer Vandelli (OSM Modena) la prima; Andrea Mezzetti, Siria Panichi + Alessio Augugliaro e Giampaolo Marianelli dell'USP (Prato)

venerdì 12 dicembre 2008

Una grotta "indisostruibile"



Constatata l'impossibilità di entrare a Su Cavatorre (cascata di acqua e ghiaccio all'ingresso!), decidiamo di proseguire fino in prossimità del passo delle pecore, arrivando alle pendici del Grondilice, per buttare il naso dentro al buco nuovo aperto due settimane fa. La ramponata per arrivare fin lassù è lunga, anche perchè una pala spazzaneve sapientemente piazzata di traverso sbarrava la strada per la valle ad almeno due Km dal primo rifugio!i Lungo il tragitto assistiamo a varie defezion: entriamo quindi solo in quattro e, dopo un breve lavoro di bonifica dei detriti rimasti dalla disostruzione pesante, armiamo in breve il primo salto. Si tratta di un piano inclinato franoso gradonato, che da sul primo vero salto della grotta (P. 10 sotto stillicidio). Alla base l'unica corda da 40 m che abbiamo portato inizia già a scarseggiare, mentre la cavità prosegue in discesa con un meandro stretto che si approfondisce con piccoli salti (sempre in strettoia...). Riesco a scendere in libera i primi due gradoni, sbucando in un ambiente più largo affacciato su di un altro saltino. L'aria, fino a qui molto forte, sembra sparire: in genere non è un gran bel segno... Con facile arrampicata scendo anche l'ultimo pozzetto per constatare in effetti di essere arrivato in un "cul de sac": l'acqua riesce a continuare il suo cammino lungo strette fessure sul pavimento, l'uomo no! Risalgo incuriosito dal problema dell'aria, moltiplicando gli occhi per non lasciarmi sfuggire neanche il più piccolo pertugio. Arrivo fino alla prima strettoia, dove ricordavo di aver percepito ancora distintamente il forte alito caldo della montagna, e mi accorgo, da questa nuova prospettiva, che una quinta di roccia mi divideva da una frattura parallela a quella da cui ero arrivato. L'aria, in effetti, sembra provenire tutta da li, solo che filtra da una frana sospesa sul soffitto: indisostruibile!
Non rimane che risalire disarmando, incassando questa nuova delusione: anche stavolta una grotta che pareva essere partita bene ci ha respinti inesorabilmente.
Anche questa volta, sarà per la prossima volta!

Mez

lunedì 8 dicembre 2008

Buca della Forbice

Se volete vedere le prime immagini di questo nuovo ingresso, che è stato battezzato Buca della Forbice, eccole qua: modeste, semplici, veloci e ...freddissime!

domenica 7 dicembre 2008

L'ultima scoperta tutta in salita


Vista più di un anno fa, ma troppo stretta per iniziare a esplorarla, questa nuova buca di Val Serenaia è stata finalmente scesa durante questo ponte dell'8 dicembre. L'aria fortissima che ne viene fuori fa pensare ad un possibile grande vuoto, ma l'esplorazione sembre essere più difficile del previsto. Con una serie di saltini e pozzetti Mez, Zanga e Sonia scendono per circa 40 metri, prima di fermarsi in ambienti sempre più stretti, fangosi e ..senza aria. L'aria si perde tutta in alto e quindi ritornano in cima per trovare una via alternativa. La via c'è, ma terribilmente impraticabile: l'aria proviene infatti da una frana sospesa e solo dei matti potrebbero cercare di disostruirla "dal basso". Ma siccome si sa che nel mondo speleo può accadere di tutto, e i matti hanno sempre abbondato, non poniamo limiti alla provvidenza...

lunedì 7 luglio 2008

Il labirinto di Cavatorre


5 e 6 Luglio 2008

Su Cavatorre, Val Serenaia, Alpi Apuane (LU)

Da tempo cavatorre non vedeva così tanta gente, ed infatti io e Mez, viaggiatori solitari, ci riveliamo subito impacciati nella scelta delle squadre: la democrazia in questi casi non vale e tutti vorrebbero andare al fondo, ma sarebbe il gelo! Alla fine ci siamo divisi in tre: Mez, Corsi e Ciult verso il nuovo fondo; Siria, Enrica e Sonia al rilievo; Luca e Cri a vedere una risalita sulla via del nuovo fondo. Entriamo sabato con molta calma, sia a causa degli oramai consolidati ritmi aglianici, sia per il traffico trovato da Luca e Cri. Il primo obiettivo che si incontra a scendere, la risalita fatta da Luca e Cristina nell'a-monte della portata idrica principale, ha portato contro una frana, con un'aria che ha fatto quasi ibernare i due.

Siria, Enrica e Sonia hanno rilevato tutto il meandro nel marmo che si incontra a -200 circa. Il rilievo è fermo poco prima del primo pozzo importante della grotta (circa 35 metri). Non è stato assolutamente semplice, ma speriamo che la grotta si "allarghi" un pò e che questo sia l'ultimo tratto di rilievo impegnativo.

L'esplorazione la volta precedente si era fermata alla base del suddetto P35, da dove hanno proseguito Mez, Ciult e Corsi. In realtà erano da vedere delle belle finestre sul pozzo, ma i tre moschettieri hanno saggiamente deciso di infilarsi in passaggi stretti in frana fino a trovare un altro bel meandro stretto nel marmo. Per fortuna sono stati ripagati da una sequenza di pozzi, un 30 ed un 40, chiuso alla base. Grillandi, che intanto aveva raggiunto gli altri insieme alla Cristina ed ha sceso il P40, racconta comunque di una bella finestra a circa 15 metri dalla base, che Mez ha invano cercato di raggiungere.

Un dato molto interessante viene dal rilievo: udite udite. Alla fine della parte peggiore del temibile meandro di -200 c'è un pozzo di circa 20 metri sceso da Wainer a settembre dello scorso anno...l'attacco di questo pozzo è distante 3 metri in dislivello e meno di 20 metri in pianta dal vecchio fondo (sifonante)...sarebbe bello "stappare" il sifone dal basso!

Alla prossima!

Siria & Mez

Partecipanti: Roberto Corsi, Luca Grillandi, Alberto Mattioli, Enrica Mattioli, Andrea Mezzetti, Siria Panichi, Cristina Silvestroni, Sonia


martedì 11 marzo 2008

Buca Nuova è verde!


10 marzo 2008

Alla fine ce l'abbiamo fatta. A cinque anni di distanza dalla prima discesa in Buca Nuova - quando ancora la grotta più profonda di Serenaia era solo uno scivolo di sassi rotolanti che cadevano in un pozzo - ieri siamo andati a colorare le sue acque, per sapere con certezza dove queste vanno a risorgere. Squadra numerosa,ben 7 persone, anche perchè l'ipotesi iniziale era quella di arrivare fino a -500, disarmare circa 100 metri di grotta, e mettere il tracciante a -400, dentro un bel laghetto che sembra fatto apposta per essere colorato. Niente di tutto ciò. Venerdì sera infatti il meteo non era proprio clemente; sul Pradarena nevicava, le Apuane erano immerse in un mare di nuvole minacciose, e la temperatura non era molto bassa, anzi. La condizione "migliore" per ritrovarsi conun mucchio di acqua in grotta, magari con una piena che ti becca nel punto peggiore.... Temendo ciò cambiamo un po' i piani e decidiamo di mettere il colorante a -200, sopra il p.64 (pazienza per le corde, si laveranno con le piene successive). Il giorno dopo, sabato mattina, con una leggera pioggerella che ti inumidisce la capoccia, saliamo lungo la strada per la buca: Sira, Mez, Adriano, Mirko, Daniele e Linda (due speleo livornesi) e il sottoscritto (Marinella questa volta ha deciso di passare....). Dentro i tubolari quasi nulla, a parte 4kg di fluoresceina, 1 bidone da 5 litri con bastone per mescolare, 2 faretti, 1 flash, 1 casco truccato con luce alogena, 3 batterie al piombo, 1 cavalletto, 1 macchina fotografica, un mucchio di guanti da sala operatoria, corde, attacchi, piumini e alto per scaldarsi e ovviamente cibo (come avrete capito la colorazione è stata ampiamente documentata da Conte). Poco prima dell'una entriamo in grotta. Scendiamo i primi pozzi e non sembra che ci sia molta acqua; superiamo la strettoia UDM e arriviamo al traverso (-110). Sotto di noi c'è un P.15 con il primo sifone della grotta. Mez, che si è portato la corda per scendere il pozzo, va giù per primo. Il posto è comodo, non molto spazioso, ma con una discreta quantità d'acqua; e visto che l'acqua c'è, forse anche di più che a -200, ci fermiamo lì e iniziamo le operazioni. Alle 3 del pomeriggio circa cominciamo ad immettere il colorante; operazione lunghissima, lentissima, con tutta la fluo da sciogliere per benino un po' alla volta dentro il bidone apposito e poi versarla nel laghettino cha abbiamo creato con dei sassi. All'inizio facciamo tutti molta attenzione a non sporcarci di colorante, tutti con i guanti, lontani dal verde micidiale, ma dopo un po' non c'è niente da fare, ogni cosa è diventata un po' fluorescente, e le luce dei led fa risaltare il tutto ancora di più. Mirko e Siria sembrano i fratelli di Sherk; Adriano si sposta da una roccia all'altra per trovare la giusta inquadratura per le sue foto, lasciando orme marziane; Mez sta appeso alla corda sperando di non macchiarsi, ma non sono certo ci sia riuscito... Verso le 5 finiscono le operazioni di scioglimento della fluoresceina e per un'altra oretta continuiamo a pulire il verde da tutti gli anfratti dove si è cacciato: nicche, vaschette, scallops, scarponi, orecchie, nasi.... Poi si va fuori. Prima di uscire Adriano va a -200 a vedere se per caso il colorante è già arrivato lì, ma niente, e c'è anche pochissima acqua (abbiamo fatto bene a fermarci prima!). Alle 7 di sera il primo è già fuori dalla grotta.Ha smesso di piovere, non c'è freddo e siamo in mezzo alla nebbia (o alle nuvole) e non si vede a 5 metri! Scendiamo seguendo le orme sulla neve che per fortuna ci guidano al sentiero e poi giù fino alle macchine. Ad Agliano ci aspettano con una cena superba fatta di arrosti e patate, preceduta da pasta al forno e innaffiata con vino rosso... Adesso non ci resta che attendere l'analisi dei primi captori... o il rapporto dei carabinieri sul mistero delle acque verdi apuane.

e come dice il poeta... 'ndo culu alla fluorescenina!

Francesco

domenica 13 gennaio 2008

Buca Nuova, il meno 700 di val Serenaia

Che la grande grotta presente nel versante nord della val Serenaia, il Pannè, non fosse l'unica di quelle dimensioni - 5 chilometri per 600 metri di profondità - lo avevamo sempre saputo; così come sapevamo che eravamo stati solo sfortunati a non trovarne un'altra, grande, bella, profonda e lunga, nei marmi che formano l'altra metà della valle. Era questione di fortuna, e di perseveranza. Anche se tutti fine settimana setacciavamo senza sosta ogni angolo dei boschi che ricoprono le pendici ovest del Pizzo d'Uccello, non ci accontentavamo delle pur importanti scoperte di due abissi, distanti e separati, profondi oltre 300 metri ognuno (vedi Speleologia n.50). Ci doveva essere dell'altro, ma dove? Avevamo riempito la valle di piccoli “cantieri”, brutti a vedere ma sempre meno orrendi dei giganteschi squarci provocati dal lavoro di cava, quel lavoro che ha profondamente ferito per quasi un secolo tutto il lato ovest della valle, lasciando ben 28 cave in disuso e abbandonando una quantità enorme di lamiere, attrezzi, cavi, carrucole, quadri elettrici, bidoni, pali, baracche sfondate, suppellettili, pneumatici, ruspe arrugginite e camion senza ruote in un paesaggio sempre in bilico fra la bellezza naturale e il disordine umano.
I nostri “cantieri” al confronto erano punte di spillo fra immensi crateri, nonostante alcuni avessero raggiunto dimensioni per noi ragguardevoli. Ed è stato proprio andando a rivedere uno di questi cantieri, in un giorno d'agosto del 2003, che casualmente ci siamo trovati ad aprirne un altro. Ci eravamo fermati all'ombra dei primi alberi di un boschetto per consumare un panino al riparo dal sole che in agosto implacabile martella le bianche placche di marmo, diffondendo una luce abbagliante tutt'intorno come su un ghiacciaio alpino. Accanto a noi c'erano solo alcune roccette di poco conto, un pendio erboso e grandi faggi frondosi. Io credo che ogni speleologo abbia dentro di sé il vizio di scavare, il vizio di provare, anche se senza nessun senso, a smuovere qualche piccola zolla di terra attorno a dove si ferma, dove si siede, pensando, inconsciamente, che le grotte si aprono dove e quando vogliono loro, nei posti più impensati, anche lontano dalle classiche situazioni da manuale, e che quindi basta un sasso che casualmente faccia vedere un piccolo insignificante vuoto sotto di sé che subito viene voglia di rimuoverlo. E così, su un canalino appena accennato di terra polverosa e compatta, grattando per gioco attorno ad un sasso un po' sporgente, un fiotto d'aria viene su malandrino, sollevando perfino un po' di polvere. Sguardo attonito, silenzio interrogativo, boccone deglutito rumorosamente e poi subito a scavare, dapprima con superficiale attenzione, poi con foga da minatore che insegue la vena aurifera. Più si scava e più l'aria aumenta, anche se le continue frane di terra ci fanno rifare il lavoro più e più volte. In poche ore abbiamo rimosso una enorme quantità di sassi e terra, alla ricerca della “roccia in posto” che ci faccia battezzare un preciso punto di partenza dell'ennesimo cantierino. La presenza di un inghiottitoio poco più in alto sullo stesso canale ci fa temere che sia solo una corrente d'aria superficiale che circola fra i due buchi, ma continuiamo a scavare, e dopo aver dato fondo a tutte le energie rimaste rimandiamo il lavoro al giorno dopo.
La mattina seguente bastano poche decise “bracciate” aiutate da pale, picconi e secchi e sotto di noi si apre il primo pozzo, una stretta frattura che scampana, profonda 4 metri, seguita da un piano inclinato di una decina di metri. Ci siamo, è grotta, l'aria e l'umidità non mentono, il forte odore di muffa sempre presente nei primi metri degli ingressi non lascia dubbi. Sta per cominciare una nuova avventura.

Da 0 a -300
Buca Nuova, che nel corso del primo anno ha cambiato diversi nomi prima di chiamarsi definitivamente con quello più banale, è stata esplorata molto lentamente, principalmente a causa dei continui lavori di disostruzione, alcuni necessari all'avanzamento (strettoie), altri alla sicurezza (frane), altri ancora al consolidamento dell'ingresso che, essendo stato interamente scavato, è rimasto sempre poco stabile costringendoci a continui lavori.
Le prime esplorazioni, condotte nell'estate del 2003 ci portano subito a scendere modeste ma bellissime verticali, interamente e fantasiosamente scavate nei marmi. Purtroppo il primo ostacolo lo incontriamo dopo soli 50 metri di dislivello: un tappo di frana cementata da fango biancastro (marmettola) ostruisce il primo grande pozzo della grotta, un P.50, che riusciamo a liberare dopo vari tentativi. Alla sua base si sono però accumulati tutti i sassi scaraventati già dalla disostruzione e altri lunghi lavori ci attendono. Poi ancora un ostacolo, questa volta un restringimento delle pareti lungo una frattura.
E' solo dopo 5 mesi, durante le vacanze natalizie, che riusciamo ad andare oltre raggiungendo cosi l'attacco di una grande verticale, intercettata a metà della sua altezza e scesa con grande fatica durante una gigantesca piena nel mese di gennaio 2004. E' stata la nostra fortuna, perché solo così siamo riusciti ad armarla completamente fuori dall'acqua, anche se per arrivare in fondo ai suoi 64 metri abbiamo dovuto mettere ben 14 frazionamenti e utilizzare una quantità spropositata di corda. Alla base di questo pozzo parte uno scivolo ad anfiteatro (l'Imbuto) che oltre a fungere da instradamento forzato per ogni sasso caduto dall'alto, si getta su un vuoto di 30 metri, perfettamente verticali, e senza nessuna parete decente sulla quale approntare un attacco per scendere. La prima discesa dell'Imbuto è stata una vera faticata, con il rumore assordante della cascata in piena, le batterie del trapano agli sgoccioli che ci permetteva di usare solo fix corti, i frazionamenti tirati a più non posso per risparmiare corda e un nodo finale (nel vuoto) a pochi metri dall'atterraggio. Di più non si poteva fare.


L'Enigma e il Pozzarello
Passati sotto le cascate dei due pozzi, la grotta cambia aspetto. Si entra in un ramo fossile. Un bel meandro, con le pareti che si sfarinano al contatto dei nostri scarponi, niente più rumore assordante, niente fango appiccicoso, niente nebulizzazione e per di più inversione della corrente d'aria. Buon segno, ma dura poco. Superiamo i due salti che vi si trovano in mezzo e.... sorpresa! Sbuchiamo in una forra alla base di un altro grande pozzo, di almeno 50 o 60 metri, del tutto simile a quelli scesi precedentemente, anche lui con presenza d'acqua, solo stillicidio forte, per fortuna. Seguiamo la via dell'acqua, lasciando il camino e puntando verso il basso, ma le pareti stringono inesorabilmente, impedendoci di proseguire. E' in questo punto della grotta che per lunghi mesi cercheremo un passaggio per il fondo, setacciando ogni roccia, arrampicando, ritornando allo stesso punto, scendendo saltini e percorrendo brevi e contorti meandri che riportano sempre alla base del camino; seguendo improbabili fessure e infilandoci fra gli strati leggermente allargati dall'acqua. Poi, finalmente, quando ormai non ci credevamo più, una via sembra essere quella buona; ci fa scavalcare il punto stretto e lontano, fra le rocce, sentiamo di nuovo l'acqua del torrente. Strisciamo verso il punto buono, ma non si passa. Occorre disostruire, e non sappiamo quanto. Che fare? Siamo 300 metri sottoterra, ad almeno 6 ore dall'ingresso, e portare tutta l'attrezzatura da disostruzione fin lì senza sapere quanto lavoro ci vorrà è una prospettiva che ci piace davvero poco. Alla fine decidiamo di fare un solo tentativo: o si passa o si disarma (quante volte lo abbiamo sentito dire...).
Nell'estate del 2004 facciamo questo ultimo tentativo, e le cose vanno proprio bene: in una sola uscita si passa. Di là da questo stretto pozzarello riprendiamo la via dell'acqua, che si è scavata un passaggio fra gli strati compatti di marmi dolomitici, guadagnando metri e metri di profondità. Avanziamo accanto ad una magnifica cascata e, come da manuale, siamo di nuovo sull'orlo di un pozzo. Non abbiamo corde, si torna fuori.

Sicurezza, innnanzi tutto

La grotta inizia ad approfondirsi e cominciamo a guardare con sospetto tutti i punti “deboli” che abbiamo superato in questo primo anno di esplorazione. Ci sono parecchi passaggi che non sono proprio belli; in alcuni le rocce hanno davvero l'aria di star per cedere da un momento all'altro. Presi da un desiderio di ridurre al minimo i rischi, anche perché reduci dall'incidente occorso pochi mesi prima ad un nostro amico in Carcaraia, decidiamo di dedicare un po' di tempo a “bonificare” i passaggi sospetti, a partire dall'ingresso. La grande “operazione sicurezza” ci costerà parecchio tempo. Quasi 6 mesi senza più mettere piede in profondità, con l'ingresso franato da riaprire, un'altra frana a -50 da sistemare con reti metalliche e tiranti, sudore e lacrime pensando a tutto il materiale rimasto dentro, col dubbio di non riuscire più a riaprire la grotta. Per fortuna le cose si stabilizzano e nella primavera del 2005 ritorniamo in buca, ricominciando l'esplorazione da dove l'avevamo interrotta.
Siamo a -400 e la grotta ha un po' cambiato faccia, gli ambienti sono sempre molto grandi e caratterizzati da pozzi con grandi massi di crollo alla base, ma si va. Una grande forra, profonda 80 metri e larga più di 10 ci impegna un bel po' con i soliti traversi e l'enorme numero di frazionamenti necessari per scenderla, ma alla sua fine il marmo bianco viene alla luce e in una punta effettuata il 2 giugno 2005 raggiungiamo il Pozzo Cazeglio (così battezzato in onore dell'allora presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, per via di un suo discorso in difesa dei valori antifascisti nel giorno della festa della Repubblica).
Per evitare di fare un'unica calata nel vuoto ci inventiamo di tutto pur di raggiungere la lontanissima parete opposta, e questo frazionamento si rivelerà vitale per il prosieguo delle esplorazioni. Alla base del Cazeglio un bel meandro ci porta fino a -500, nuovo campo base dal quale faremo partire le successive punte. L'entusiasmo è alle stelle, siamo convinti che con queste ultime esplorazioni siamo sulla via che ci porterà fino alle ipotizzate gallerie di base, quelle che “devono” congiungere Carcaraia a Equi passando da Serenaia. Per l'estate si preannuncia un campo estivo coi fiocchi, e dando fondo a tutte le risorse finanziarie del gruppo (e degli amici del gruppo), facciamo il pieno di materiale.

Il fondo di Buca Nuova
Siamo tanti in agosto del 2005, e visto che sognare non costa nulla abbiamo cominciato a pensare ch non è escluso che si raggiunga davvero il livello di base, ipotizzato a circa 1000 metri di dislivello dell'ingresso. Siamo già tornati oltre il campo base di -500 e la grotta continua con altri pozzi, sempre belli e grandi, per altri 100 metri ancora. Abbiamo lasciato il materiale all'attacco di un altro grande pozzo e ci prepariamo per una punta lunga. Il rilievo è stato un po' trascurato nell'ultima parte di esplorazioni e così organizziamo varie squadre per fare più cose possibili, foto incluse. Scendiamo ancora un altro pozzo, e poi ancora un altro, un bel terrazzo e un altro grande pozzo, non si ferma più...
Poi i pozzi finiscono e inizia un meandro non molto largo, qualche saltino e poi la triste notizia: il sifone!
Eccolo, il sifone, quella cosa che in grotta in esplorazione ti lascia sempre l'amaro in bocca, ti senti tradito, fregato, frustrato. Tu lì con tutti i sacchi pieni zeppi di materiali, con le batterie cariche di energia che gridano vendetta, con tutta la ferraglia che pesa il triplo che in magazzino, e lui lì, immobile, senza aria, che placidamente riposa cullato da un rivolo che lo alimenta e da qualche goccia che lo fa cantare.
Di fronte al sifone si fuma, ci si accende la sigaretta, almeno quelli che condividono con me questo vizio, e si pensa, si pensa. Immediatamente si torna su con la mente, alla ricerca di tutti i bivi, le finestre, i passaggi o le ombre sulle pareti che non abbiamo visto bene, e ci si consola, sperando che un by-pass si possa ancora trovare. Il sifone di Buca Nuova, a -700, è anche un brutto sifone, con acqua poco limpida, lungo circa 6 metri e largo poco più di 2. Lì attorno non c'è modo di passarlo, e se c'è una via possibile è sicuramente più in alto, alla base dell'ultimo grande pozzo sceso.

Sulla via del ritorno
Per i 5 mesi successivi le esplorazioni in Buca Nuova hanno un unico obiettivo: risalire in artificiale per raggiungere le tante finestre che abbiamo visto qua e là scendendo i vari pozzi. La prima da “attaccare” è proprio sul fondo, raggiunta con appena una decina di metri di risalita; da questa finestra parte un ramo perpendicolare a quello del sifone, lungo un centinaio di metri, con una fortissima aria, che però porta ad un cunicolo basso e sabbioso, assolutamente impraticabile senza una seria e impegnativa opera di disostruzione.
Altre risalite, fra l'acrobatico e lo scavezzacollo, non ci danno risultati degni di nota e un by-pass non si riesce a trovare. Abbandoniamo amaramente le ricerche sul fondo ed iniziamo a disarmare, spostando verso quote superiori le nuove punte esplorative. A -600, dopo 20 metri di risalita, entriamo in un nuovo ramo laterale; sembra la fotocopia di quello sul fondo, con tanta aria, un po' di concrezione, meandro, saletta, pozzettino e purtroppo anche due pareti che si avvicinano sempre più e che dicono ancor una volta che da lì non si va.
Le uscite si fanno sempre più rade, si comincia a pensare anche al disarmo. In grotta c'è tanto materiale e ci vorranno parecchi week end e parecchie persone per portare tutto fuori. E poi c'è da organizzare la colorazione (anche se siamo sicuri che l'acqua risorgerà ad Equi Terme) e per far ciò bisognerà coordinarsi con la Federazione Toscana.
Nel mese di marzo del 2008, sotto la guida della FST, immettiamo nel primo sifoncino pensile, quello di -100, circa 4 kg di colorante. C'è pochissima acqua in grotta tanto che facciamo non poca fatica a sciogliere il colorante. Poi, lentamente, ogni cosa diventa verde e la fluoresceina prende la via del fondo. Risorgerà dopo circa una settimana ad Equi, confermando, semmai ce ne fosse ancora bisogno, che l'acqua di Serenaia va sempre a nord, dai calcari selciferi ai marmi.

In conclusione
Forse nel cuore profondo di Val Serenaia non ci sono le grandi gallerie che abbiamo inseguito per 14 anni; forse i marmi piegati e ripiegati insieme ai calcari selciferi e ai diaspri, hanno creato una rete tipo colabrodo capace di filtrare grandissime quantità d'acqua su un vasto territorio ma incapace di far passare noi umani; forse più a nord, nell'altra valle, il gallerione c'è, unico ed enorme, che raccoglie l'acqua solo dopo che questa ha oltrepassato il confine immaginario formato dal crinale; forse quando facciamo le colorazione nei bacini c'è più o meno acqua e questa si muove più o meno lentamente e noi sogniamo cose che non possono esistere; forse è meglio così perché che senso avrebbe pensare di poter scoprire tutto, in una sola generazione di speleologi?

Chi ha esplorato Buca Nuova?
Gli stessi speleologi che da ormai 15 anni esplorano le grotte in Val Serenaia, emiliani principalmente, da Modena e da Reggio Emilia e da Bologna, assieme agli amici toscani e catanesi. Sono sempre stato restio a fare elenchi di nomi, ma forse in questa occasione posso anche permettermi di farlo cominciando dai primi che hanno trovato e aperto la grotta e finendo negli ultimi che hanno iniziato a disarmarla: un grazie quindi a Jenny e Driss, per averci creduto fin dal primo sasso; a Teto, Andrea e Michele, che hanno sceso solo i primi pozzi; a Geo, Luca, Enrico, Gigi, Franco, Mario, Marco, Sandro, Gianluca, che hanno forzato i passaggi più stretti mettendoli in sicurezza; a Pietro, Lucio e Pito, che per la prima volta esploravano un abisso apuano; ad Andrea, Siria, Enrica, Gaetano, Angela, Fiorenzo, Adriano, Wainer e Lella, che sono arrivati fino al fondo cercando anche di andare oltre; a Luca, Cristina, Nebbia, Elena, travolti dalla piena per darci una mano a portar fuori dei sacchi; a Stefania, Sauro, Paola e a tutti coloro che ci hanno nutrito quando uscivamo di grotta al mattino presto, e a tutti gli altri che spero mi perdoneranno se non li ho citati.


La piena e il chiodo
Ha piovuto tutta notte ad Agliano, e questa mattina le nuvole corrono veloci in un cielo grigio azzurro, ma non minacciano pioggia. Ci siamo ritrovati in tanti per questa prima uscita di disarmo di Buca Nuova. Contando sul fatto che la grotta è stata esplorata spesso in giornate come queste, dopo un temporale, sappiamo che tutti gli attacchi sono abbastanza lontani dall'acqua e ciò ci rassicura. Non dappertutto però, specialmente da – 450 in giù.
Scendiamo velocemente in fondo alla grotta, proprio per evitare che il mutevole tempo di Serenaia non voglia castigarci anticipando l'arrivo di una perturbazione prevista per il giorno dopo. Il disarmo delle parti profonde è molto rapido, e cominciamo a risalire in gran fretta, proprio per essere fuori da ogni possibile pericolo di piena. Ma non è così. Al campo base di -500 siamo rimasti in tre, Nebbia, Luca ed io; tutti gli altri sono già più in alto. Mentre ci stiamo preparando un tè ristoratore vediamo l'acqua del laghetto accanto a noi che improvvisamente comincia a salire. Il rumore è forte, ma non tanto diverso da quello che c'era prima, è la solita falsa impressione, penso. In pochi minuti però l'acqua è davvero aumentata di circa dieci centimetri e non si ferma... continua a crescere a vista d'occhio! Mettiamo subito via pentolino e fornello e iniziamo a rivestirci di gran carriera, per scappare prima possibile ed evitare di rimanere intrappolati. Quando salgo il primo pozzetto l'acqua è già a mezza gamba (in regime normale bagna appena gli scarponi). Mi infilo nel meandro sopra di me ormai immerso fino al torace, con la corrente che mi spinge indietro verso il pozzo, il sacco pieno d'acqua che pesa cento chili; cerco la longe sott'acqua per farle passare un frazionamento (non oso andare in “libera”) e abbozzando una specie di opposizione avanzo ancora un po'. Per fortuna il meandro è molto alto e riesco a rimettermi all'asciutto. Mi riposo qualche istante e poi raggiungo il primo pozzo grande, il Cazeglio, completamente inondato da una cascata enorme. Siamo decisamente preoccupati, con 2 sacchi a testa pieni zeppi, che abbandoniamo subito appendendoli al moschettone di un attacco arretrato. Poi Nebbia decide di risalire sotto l'acqua. “ Se si sta attaccatissimi alla parete si riesce a star fuori dal getto – ci urla nel fragore della cascata - e una volta raggiunto il chiodo non c'è più problema”. Sarà, ma non posso fare a meno di pensare a tutte le tragedie capitate a chi, preso dal panico, ha cercato comunque di salire sotto cascata; il freddo che congela le mani, l'acqua nebulizzata che fa respirare male. Vedo già i titoli sui giornali e cerco di capire se è una scelta lucida o è un errore. L'acqua è concentrata nel mezzo del pozzo e realmente se si sta attaccati alla parete si passa; c'è un frazionamento che te lo permette, che ti guida lì; un semplice e inutile frazionamento; fatto senza motivo nel bel mezzo di un pozzo a campana, messo lì solo per spezzare la discesa unica e accelerare i tempi di risalita, e che questa notte sarà la nostra salvezza. Nebbia ci prova, quasi d'impeto, più preoccupato che la piena aumenti che di non farcela al primo tentativo. Sale lungo la corda e dopo pochi metri sparisce alla nostra vista; vediamo solo le sciabolate dell'elettrico che ci dicono che sta raggiungendo il frazionamento. Pochi lunghissimi minuti e sentiamo il “libera”. E' fatta, anche perché questo è l'unico punto realmente a rischio: dopo anche con la grotta in piena non ci sono più problemi. Benedetto chiodo, non smetterò mai di ringraziarlo.
Saliamo il Litoinferno, le Sfogliatelle, il Pozzarello, l'Enigma, e arriviamo alle zone fossili a -300 dove incontriamo gli altri; il rumore delle numerose cascate che la piena ha innescato è assordante, e le comunicazioni con chi è in alto sono pressoché nulle, ma non ci sono più ostacoli fra noi e l'esterno. Nove ore dopo siamo tutti fuori, stanchi, infreddoliti, bagnati come pulcini, ma tanto tanto riconoscenti al quel fantastico, superfluo e irripetibile frazionamento.

Francesco De Grande

lunedì 24 dicembre 2007

Cavatorre è a -300


Sabato 22-12-2007

Su Cavatorre, Val Serenaia

Approfittando del gelo che inchiodava la fastidiosa acqua ipogea della volta precedente, abbiamo sferrato l'attacco al pozzo ignoto... Per la verità, dovendo sistemare ancora qualche armo speditivo ed attrezzarne qualcuno ex-novo in tratti esposti precedentemente superati in libera (Siria fa scuola da questo punto di vista!), ed essendo solamente in DUE a dover gestire tutto il materiale attraverso una grotta quantomeno "ostrica", quando siamo arrivati davanti al pozzo nuovo ci erano rimasti solo una 35 m da 9 mm e 3 attacchi a spit...

Quanto è bastato comunque ad arrivare a 5 metri dalla base del pozzo, raggiunta sciogliendo il nodo di fine corda e sfruttando un piano inclinato per una facile disarrampicata (ora il nodo c'è di nuovo e penzola in maniera angosciante un po' troppo in alto!). Sotto c'è un piccolo laghetto e poi la grotta riparte a meandro, sempre nel marmo grigio; lungo l'attivo però una frana un po' inquietante e la prospettiva di piene drammatiche non fanno ben sperare. Rimangono ottime possibiltà più in alto, sia a metà pozzo, dove occhieggia un meandro pensile dalla sezione a mo' di doppia serratura, sia nei pressi dell'attacco, dove con aerei traversi (tipo Saragato, per intenderci...) è possibile raggiungere la parte fossile - molto ampia - dell' a-valle.

Nei pressi dell'uscita, in corrispondenza dell'ultimo pozzo, abbiamo avuto anche la sorpresa di vedere trasformato quello che poche ore prima era un piano inclinato di calcari selcifero in una colata di ghiaccio, creata dalla pioggia che nel frattempo aveva cominciato a cadere fuori!
La profondità raggiunta della parte rilevata si aggira per ora sui -200 (esplorata circa -300), per uno sviluppo di più di 500m (esplorato > 1 Km).

Sono sempre ben accette le domande di partecipazione, purchè presentate in carta bollata almeno un mese prima dell'uscita!!!

Ciao a tutti,

Mez

domenica 2 dicembre 2007

Troppe vie a Cavatorre


2/12/2007

Partiamo con un tempo così cupo che invoglia al massimo giochi a carte ed un bicchiere di vino di fronte ad un bel camino, che ad Agliano non c'è....certo la stufa andrebbe bene uguale...ma almeno non piove...

L'intento è di rilevare il più possibile, perchè siamo molto indietro, e portare un pò di materiale per il prossimo fine settimana. Durante la discesa comunque Mez pensa bene di dare qualche occhiata a cose lasciate in sospeso o viste un pò di sfuggita, trovando così altre prosecuzioni possibili mentre la poverina cercava di ripararsi da eventuali sassi o non congelare nell'impossibilità tecnica e fisica di raggiungerlo!!!

Alla fine abbiamo rilevato almeno 150 metri di grotta ed aggiunto altre tre vie di probabili prosecuzioni. I fronti aperti sono quindi almeno 6, li ordino secondo la profondità:

  1. meandro stretto e con aria, lavorabile con sola mazzetta (?) dopo il secondo pozzo

  2. condotta da liberare dalla sabbia (circa -130 sulla via del vecchio fondo)

  3. risalita della parte alta della faglia (franosina, da lasciare molto per ultima)

  4. meandro nel marmo bianco che termina su pozzo da scendere (probabilmente collegandosi con la via individuata sotto) a circa -150 sulla via del nuovo fondo

  5. meandro su selciferi che termina su risalita nella via del nuovo fondo (-170 circa)

  6. pozzo da scendere a -250 circa (lasciato a settembre 2007 per mancanza di materiale)

Insomma, ce n'è per tutti i gusti e a tutte le profondità! Dal rilievo sembra di essere entrati in un circolo vizioso di piccole faglie con netta direzione NE/SO, collegate da condotte carsiche (per fortuna almeno quelle!) Al momento siamo sui circa 600 metri di rilevato, ma con il conosciuto non rilevato probabilmente sforiamo già il Km. Il prossimo fine settimana è prevista una nuova uscita (di sabato).

a presto,

Siria

domenica 9 settembre 2007

Nuovissime da Cava Torre


8-9 settembre 2007

Grandi novità da Cava Torre. La volta precedente si era fermi sul meandro cercando un passaggio comodo in alto oppure in basso.
Entrano in grotta in quattro Metz, Vainer, Marinella e Pito giunti sul punto si decide per la via alta, quasi asciutta, da fare però tutta in opposizione , gomiti e ginocchia sono stati sollecitati a dovere. Si arriva finalmente al primo pozzo, un semplice -10 di dislivello ma davanti si apre un meandro alto sui trenta metri di dimensioni quasi simili a quelle dell'Abisso Guaglio . Sono stati scesi altri due pozzi, che poi risultano essere allargamenti del meandro in corrispondenza di arrivi d'acqua dall'alto. Per ora siamo fermi davanti ad un nuovo salto per fine materiale, ma la grotta va alla grande. Se non si incontrano disturbi tettonici che possono aver alterato il corso del torrente questo menadro è assai probabile che ci porti molto lontano.
Il Max ed io intanto abbiamo fatto una battuta all'esterno, sopra la cava, individuando oltre ai buchi soffianti già noti qualche altro che conferma come sia questa la zona giusta per cercare un altro ingresso che taglierebbe la parte più disagiata della grotta finora esplorata arrivando direttamente sul meandro. Prossimamente decideremo dove attaccare.

Ciao,

Franco

lunedì 27 agosto 2007

Cavatorre fa le bizze

27 agosto 2007

Ciao cari,

purtroppo per il momento Cavatorre continua a fare le bizze, nel modo in cui solo lei sa: ti lasci alle spalle quei merdosi calcari selciferi (fautori tra l'altro di un piccolo infortunio ad un dito di Siria) per entrare nel pieno di un bel marmo bianco, compatto... tanto compatto che l'acqua non ce l'ha fatta per l'ennesima volta ad allargarlo abbastanza per consentire il transito a noi umani, evidentemente troppo voluminosi!!!

Niente è perduto, comunque, perchè anche il buon Salvioli (che era dei nostri assieme a Max, si, avete capito bene:MAX!!) ha dovuto ammettere che effettivamente la grotta sembra essere un po' più grande e complessa di quanto il suo termometro gli abbia raccontato fin'ora. Forse pagherà anche la sua scommessa, ammettendo così di averla persa: sento già profumo di pizza! In conclusione abbiamo in effetti visto poco di nuovo rispetto quanto fatto la volta scorsa con Marinella, anche perchè, ad essere sinceri, la parte "diversamente giovane" della nostra squadra (pur facendo tutto quello che c'era da fare) ha un po' rallentato il ritmo...

D'ogni modo è stato attrezzato il saltino che avevo sceso in libera la volta scorsa, che presenta una prima parte piuttosto stretta e scomoda ed una seconda parte alquanto umida: probabilmente si potrà fare qualcosa per renderne più agevole il superamento (ho fatto il più in fretta possibile perchè gli altri gelavano!). E' si, perchè in questa nuova zona della grotta c'è una rivoluzione di correnti d'aria notevole, con cambi di direzione ed aumenti di volume impressionanti!! Proprio quest'aria fa ben sperare, anche se, per poter continuare verso il basso, occorrerà ritoccare il bel meandro scegliendo l'altezza migliore a cui farlo (in basso è molto bagnato, a metà sono riuscito ad avanzare una ventina di metri in ambiente molto tecnico - sequenza di strettoie sospese... - , in alto sembra essere parzialmente ostruito da una frana. Tenete presente che, ad occhio, il massimo sviluppo verticale di questo micidiale meandro sembra superare i trenta metri!!!). Verso monte sembra invece percorribile, a patto di attrezzare qualcosina di sicura: non sarebbe male trovare un altro ingresso che conduca più agevolmente in queste zone, magari anche senza passare per la cava.

Per i tempi a venire direi che sono impellenti due cose:

-proseguire il rilievo, per capire come ci si sta muovendo dentro la montagna (anche nell'ottica di cui sopra);

-fare una pulizia ospedaliera di tutte quelle lame (ACT dice che è bitume...) che rendono infida e alquanto pericolosa (chiedete a Siria!) la progressione nella zona di meandro alla base del saltino nuovo; all'attacco del medesimo si trovano già due mazzette atte all'uopo.

Oltre a queste, in grotta ci sono già due corde (20 e 45), qualche attacco e un bulacchino di carburo di riserva per i trogloditi come me!

Fino a metà ottobre sarò abbastanza impegnato con il corso GSB-USB, per cui difficilmente riuscirò a tornare... Se qualcuno può farlo prima e vuole ulteriori informazioni non esiti a contattare uno di noi quattro, ultimi in ordine di tempo a calcare le orme della Serenaia underground (badate alla pronuncia se vi relazionate con Franco!!!)

A presto, Mez

lunedì 30 aprile 2007

Di nuovo sull'orlo dell'abisso a Cavatorre


sabato 29 aprile 2007

Il dubbio era: andiamo in grotta o alla festa di Nebbia e Cecile? La risposta è stata: facciamo tutte e due le cose! E così abbiamo fatto. L'infaticabile Mez, l'uomo dai piedi scalzi e dal cuore caldo, propone di passare parte del lungo ponte della Festa dei Lavoratori a... lavorare in fondo a Cavatorre! "Prendo tutti io in magazzino - mi dice - e ci vediamo ad Agliano; siamo io, Siria e tu e Lella, e se vuol venire qualcun altro fallo sapere in giro!" Ok, accettato, ma alla fine mi scordo di metterlo in lista e così venerdì sera siamo solo noi quattro, in una Agliano silenziosa e dal clima primaverile stupendo, con le stelle che punteggiano un bel cielo sereno orlato dal profilo delle montagne.

I primi raggi di sole scaldano in fretta la veranda di Agliano, che comincia a riempirsi di vespe e calabroni dall'aspetto poco rassicurante (bisogna che qualche coraggioso si decida a togliere quei nidi maledetti, per fortuna all'esterno delle vetrate!). Colazione abbondante e sosta dal Vincè per panini e aranciata prima di salire verso Serenaia.

In valle non c'è più un filo di neve e l'ingresso di Cavatorre è finalmente sgombero e agibile. Ci vestiamo e ci prepariamo ad entrare, io e Mez ai lavori duri, a spaccar pietre, e Lella e Siria ai lavori "leggeri", topografia ipogea. Ovviamente i tubolari sono pieni di conseguenza (noi mazzette, trapano batterie, etc.., loro bussola, cordella, quaderno con matita e gomma, e cibo).

La grotta è asciutta come in agosto; non c'è più quella fastidiosa pioggia da scioglimento neve presente all'ingresso e nei primi metri del grande scivolo oltre il primo pozzo. Scendiamo fino a -120, dove la condotta freatica nel marmo si innesta alla via principale della grotta. Qui ci separiamo dalle due topografe e risaliamo lungo il perfetto tubo di marmo fino alla successiva galleria sabbiosa, dove ci aspetta la fessura ventosa da allargare. Un saltino di pochi metri separa le due piccole gallerie, ma la presenza di sassi in bilico in cima a questo pozzetto ci consiglia di pulire un po', e con grande fragore Mez scaraventa giù diverse brutte lame non proprio stabili. Ciò fatto raggiungiamo la fessura, anzi quello che resta della fessura, perchè ormai è larga quanto basta per passarci e lavorare quasi comodamente. Uno, due e tre, quattro, cinque, sei, sette tentativi e poi ogni volta via di mazzetta, scalpello e piede di porco; 30 centimetri, 70, 1 metro, ancora un altro mezzo metro; siamo a 2 metri (che si aggiungono ai 5 già conquistati le altre volte)... "vai che si vede già di sotto"... "rompi quelle lame"... "provo io che sono mancino"... "dammi il cambio che sono stanco"... "ci passo, ci passo! ... metto fuori la testa, non c'è uno scivolo, c'è un pozzo verticale, sarà 10 o 15 metri, e poi c'è una forra tipo Pannè, ma non vedo dove finisce, va sia a monte che a valle; portatemi una corda e il mio discensore...".

Adrenalina alle stelle e nel tentativo di scendere questo tanto agognato pozzo, costato un mucchio di fatica, Mez fa un armo volante alquanto improbabile, dettato più dall'entusiasmo che dalla ragione. Un giro di corda attorno ad un quasi sasso staccato, rinviato sulla mia longe; io incastrato a testa in giù nella strettoia con i piedi allargati che spingono contro le pareti come fossi un nut. "Mez, - gli dico - non è un armo proponibile, scendiamolo la prossima volta che è meglio...." E così è! Intanto sono arrivate anche le topografe, hanno terminato il rilievo e lemme lemme usciamo dalla grotta, dove ci attende una meravigliosa luna piena che illumina la valle a giorno. Appena fuori telefono a Gigi (Martini), che è ad Agliano e ci ha promesso una cena per il nostro ritorno. La cena c'è, bella pronta e fumante, a base di maccheroni alle ortiche, melanzane, zucchine e pomodori grigliati squisiti, pesce azzurro gratinato, vino bianco e pecorino sardo. Di più non si poteva chiedere. E c'è anche il dolce, i resti del mega uovo di pasqua della Nicoletta, lasciato provvidenzialmente in frigo.

Il giorno dopo è tutto un viaggio (in tutti i sensi), perchè ci aspetta la grande festa di Nebbia e Cecile. Non oso raccontarla, ci vorrebbe un altro mail dedicata, anzi ben più di un mail. Avanti scrittori, attori, registi, fatevi vivi!

Francesco

PS per la cronaca: dislivello : -192m, sviluppo: circa 400 metri; direzione: 225° (andiamo verso passo pecore) ; aria: in uscita (a pasqua era ancora in entrata, c'è già la circolazione estiva); prospettive: al solito tante, fino a quando non chiude....

lunedì 19 giugno 2006

Apertura estiva Seranaialand


lunedì 19 giugno 2006

Salve a tutti, il parco giochi Serenaialand è lieta di annunciarvi la riapertura estiva e come tutti i parchi che si rispettino non manca una nuova attrazione...per ora non ha un nome, ma presto lo avrà...sperando che sia migliore dei precedenti!

ANTEFATTO

Era una inverno a cavallo del nuovo millenio, con Teto, Martini e qualcun'altro andammo a vedere un buco nel taglio della cava del Torre: uno scivolo, un cunicolo e poi un pozzo, grande, al contatto fra marmi e selciferi. Restammo un po' ad assaporare il profumo d'abisso, ben sapendo dove ci trovavamo: su un fronte di cava attiva! Inebriati dal quel profumo, la sera stessa eravamo a casa del Torre a chiedere di poter vedere cosa c'era al di là. La risposta, perentoria, fu: "No, non si può, ma fra qualche anno vado in pensione e forse la buca sarà ancora lì..."

Cercammo di dimenticarla...

INVERNO 2005/06

Ad Agliano giunge la notizia: il Torre è andato in pensione!! I ricordi riaffiorano veloci...non l'avevamo dimenticata davvero!

LO SCORSO WEEK-END

Torniamo in cava del Torre e ...la buca c'è ancora, non e' più sul piano di cava, ma "in parete", ma c'è ancora! Del detrito chiude parzialmente l'ingresso, ma bastano un paio d'ore con gli strumenti giusti (gentilmente lasciati in cava dall'ex proprietario) e i "provvidenziali" consigli dei nostri umarell Salvio e Gigi, alias Cip&Ciop, ed è fatta! Con quello che abbiamo scendiamo il pozzo rimasto inviolato anni prima...oltre continua con una nuova verticale!

IL WEEK-END

Ci ritroviamo ad Agliano venerdì sera: presenti Wainer, Stefi, Mez, Siria, Paconi e Sonia. Lo scopo chiaramente è andare a scendere la nuova buca...o meglio per me e Siria questo è lo scopo: Mez non sa ancora nulla. Poiché domenica era il suo compleanno, l'idea della sua amata era di regalargli un'esplorazione!! Quindi lo convinciamo ad andare in zona cava del Torre, portandosi tutta l'attrezzatura da grotta, per scendere un (inesistente) pozzo siglato dal Bolzaneto tanti anni fa....La notte passa tranquilla, a parte per oscuri personaggi che riempiono gli zaini di corde e moschettoni con fare guardingo.

Il sabato di buonora modenese partiamo per la valle. Raggiungiamo la cava del Torre, mentre Panconi, Sonia e Stefania vanno a farsi un giro a Foce Giovo. Una volta in cava, ancora con il raggiro, portiamo Mez di fronte al suo regalo di compleanno...direi che si possa dire che è restato letteralmente senza parole! Un po' di risate e dagli zaini mio e di Siria iniziano ad emergere corde, attacchi, sacchi e carburo. Ci prepariamo e andiamo...con Siria e Mez, volenti o nolenti, ormai entrati anche loro nel tunnel della Serenaia.

La grotta si sviluppa completamente lungo il contatto fra marmi e calcari selciferi: è pazzesco, si entra in un cava di marmo e dopo poche decine di metri sembra di essere in Pannè. Gli ambienti sono praticamente sempre grandi, inclinati secondo l'approfondimento degli strati, quindi avanziamo armando scivoli con un pavimento di selce e un tetto di marmo. E per fortuna che c'è il tetto di marmo: il selcifero è formato da strati alternati così sottili che è inutilizzabile per armare, quindi tutti gli attacchi sono fatti a tetto.

Ad ogni pozzo dobbiamo cacciare giù decine di lame di selce che sporgono fino ad un metro dalle pareti, sono talmente elastiche che il metodo più efficace è saltarci sopra! Ma tutto sommato è divertente. Ma soprattutto ci accorgiamo che la buca non sembra metterci in difficoltà: dopo ogni scivolo, ce n'e' un altro, più grande, ci sono arrivi, meandrini che soffiano aria.

In breve i nostri sacchi sono vuoti, ci restano giusto due spezzoni di pochi metri. Mez sta guardando come armare l'attacco dell'ennesimo pozzo, anche se non abbiamo niente con cui scenderlo: non ci vorremmo fermare più! Lo raggiungo, do un'occhiata anche io e...dall'altra parte mi sembra di vedere una nicchia, come...un galleria freatica?! Mez concorda con me e si lancia in una traversata-su-lame-di-selce-che-flettono-come-cartone, arriva di là, sparisce per un attimo nella nicchia e ritorna dicendo:"C'è il freatico, vi aspetto...anche perché non so come tornare indietro!".

Recuperati gli spezzoni facciamo un traverso come meglio possiamo e ci infiliamo nel Tubo! E' una bellissima gallerie freatica dritta, in salita, tonda, un metro di diametro, completamente nel marmo, talmente lucidato da sembrare ghiaccio. La percorriamo di corsa, Siria in testa, per una cinquantina di metri, scendiamo un saltino, un cunicolo e al di là...un altro pozzetto tutto nel marmo, che ci soffia aria in faccia. Non abbiamo più nulla. Non ci resta che tornare indietro. In breve siamo fuori, giusto per vedere le ultime luci lasciare Orto di Donna.

Riepilogando: saremo scesi 150m, mentre l'ingresso si trova a circa 1400 m slm, cioè la galleria si trova a 1250 m slm. In Buca Nuova non abbiamo mai visto nulla simile, nemmeno arrivando a 600 m slm. Sarà un accidente locale o qualcosa di più serio? Nei nostri sogni è la seconda e immaginiamo già di essere nella chiave di volta del complesso che unirà Due Mondi, calcare selcifero e marmo....ma lo scopriremo solo più avanti, per ora abbiamo due pozzi che aspettano solo di essere scesi e tanta aria da inseguire.

Ciao Wainer


domenica 12 marzo 2006

Nuova grotta!

10 marzo 2006

C'è una nuova (vecchia) grotta in Serenaia. Non ha ancora un nome e per ora è solo un piano inclinato che scende per 15 metri al contatto fra marmi e calcari selciferi. Il pavimento del piano è sui selciferi, il tetto della grotta è nei marmi. Siamo sul lato esterno della famosa sinclinale del Pannè, quindi quello buono per non finire nei diaspri. L'aria è forte e il termometro di Salvioli misura 3,2 gradi!
Lo sapremo nei prossimi week end.

Francesco

mercoledì 26 maggio 2004

Buca Nuova e il principio di scarsità



24 maggio 2004

Che notte, quella notte!
E' finito l'inverno, è terminato il letargo, e finalmente si torna in grotta. La neve si è sciolta quasi dappertutto, ad eccezione dei canaloni sui versanti nord e della sempre bianca Carcaraia. A dire il vero questa neve è rosa, e non bianca, a causa delle pioggie di sabbia sahariana.
La strada che sale al Donegani è un vero macello; tra il ghiaccio, i camion di cava e la "poiana" è rimasto ben poco di asfalto. Siamo in cinque: Enrico, Wainer, Zac, Lella e io. La sbarra che chiude la strada per le cave si abbassa sotto i nostri occhi, e per una manciata di minuti non riusciamo a portare su gli zaini in macchina. Poco male, per fortuna non abbiamo tanto materiale e la salita è tranquilla. All'ingresso di Buca nuova decidiamo di fare uno spuntino, giusto per non entrare a stomaco vuoto: una fetta di pane, un po' di companatico, e via. L'inverno ha lasciato qualche traccia del suo passaggio, e molti sassi all'ingresso sono pericolosamente in bilico, molto pericolosamente, e chissà perchè, dalla scorsa settimana ogni sasso è diventato "pericolosamente in bilico". Ne spostiamo qualcuno, qulache altro finisce giù dal primo pozzo, brutta storia: o facciamo di nuovo la disostruzione, o facciamo finta di niente e leggeri come delle farfalle bypassiamo la frana incombente. Optiamo per la seconda soluzione, anche se leggeri come farfalle non lo saremo mai!
Mano a mano che si scende, nelle attese fra un frazionamento e l'altro mi viene fame. Non sono il solo, anzi direi che sono in buona compagnia. Tutti, inspiegabilmente, hanno una gran fame! Vebbe', succede. Arriviamo al fondo. La nostra intenzione è di risalire il camino dopo il meandro fossile, a -300. Zac e Wainer si fiondano subito su, e salgono in libera una ventina di metri. Di là c'è una galleriozza che prosegue in discesa. Bene! Ma per raggiungerli è meglio mettere la via in sicurezza, così attrezzano un lungo traverso e noi tre li aspettiamo al campo base.
Nell'attesa mangiamo...una scatoletta di simmenthal che era di da 6 mesi. Non vogliamo intaccare il cibo collettivo, in quanto ci rendiamo conto che non è tantissimo. Intanto i due "puliscono" un po' dai sassi. Inizia una specie di terremoto che in certi momenti fa addirittura tremare il pavimento di fango secco della nostra saletta; i sassi tuonano minacciosi giù dal camino; sembriamo in una trincea della prima guerra mondiale, con i colpi di "mortaio" che si sentono in lontananza. "Questo era vicino" dice Enrico a sottolineare un boato più grande degli altri. Si aspetta che la gragnuola finisca. Poi il silenzio, interrotto dal suono del trapano. Vado a vedere a che punto sono le cose. Il traverso è a posto, salgo su e ci infiliamo per la galleriozza. Per Wainer puzza di "già visto", e in effetto dopo qualche metro anch'io riconosco il posto: c'eravamo già stati, risalendo da un via diversa dentro la forra attiva. Pausa, andiamo a mangiare un boccone.
Torniamo al campo base e ci prepariamo per la cenetta: ci sono 3 etti di affettato e 4 etti di formaggio, ma solo mezzo chilo di pane. Mi guardano tutti malissimo, visto che la spesa l'ho fatta io. Neanche le due cioccolate (una bianca e una nera) servono a consolare, e i succhi di pera
e il gatorade sono considerati puri orpelli. Marinella divide il pane in dieci sottilissime fette, che ci serve con sopra una, massimo due, fette di salame. Per quello strano meccanismo del "principio di scarsità" tutti diventano sempre più affamati, di cibo solido, e nessuno vuol farsi il classico brodo caldo o il caffè (ne abbiamo circa 20 buste, inutili). Propongo una scatola di tonno, recuperata in mezzo ai fix, ma senza pane è dura da mandar giù. Enrico cede e va a prendere dell'acqua per fare il famoso caffè. Torna dopo un quarto d'ora, completamente zuppo: lo stillicidio sotto cui stava la bottiglia di plastica è troppo vasto, e per di più la bottiglia si è rovesciata, con il risultato che dentro c'è solo un fondo di acqua biancastra assolutamente inutilizzabile. E' proprio la classica "goccia" che fa traboccare il vaso.
Sognando polli arrosto e pizza allo speck, riprendiamo la salita. Al diavolo anche il rilievo, che destiniamo ad una prossima uscita.
La salita è lenta. Wainer lamenta continui crampi da fame, il suo stomaco in effetti parla da solo. Zac non è da meno. A metà del 60 ad Enrico si rompe il pedale, che cade in fondo al pozzo con i suoi 3 moschi appesi. Finirà il pozzo utilizzando una staffa da risalita. Alla base del 50, in
attesa che gli altri salgano, mi addormento. Anche Wainer ronfa accanto a me, dentro il suo poncho a 30 gradi. Alle 6 del mattino siamo finalmente fuori. Corriamo letteralmente ad Agliano, pensando a quello che c'è in dispensa. Confidiamo in Sauro, che sicuramente ha portato qualcosa....
Sono le 7,30. Sauro è sveglio e ci prepara un aglio, olio e peperoncino. Zac si nutre con biscotti e salame (il biscotto imbottito), io mangio una peperonata del giorno prima fredda da frigo con del cioccolato bianco, bevendo lambrusco....Andrea per poco non vomita!

Ah, dimenticavo, il traverso l'abbiamo disarmato, e l'esplorazione è al punto di prima, cioà ferma all'ENIGMA. L'aria c'è sempre, ma è instabile, alle 2 del pomeriggio usciva, alle 6 del mattino entrava.

Alla prossima
Francesco

lunedì 26 gennaio 2004

Buca Nuova, oltre l'Imbuto


Agliano, 24 gennaio 2004

Clank, clik, clank. La chiave gira nel buco della serratura della porta d'ingresso del n. civico 14 di via santa maria ad Agliano. Sono le 11 di sera di una magnifica serata invernale, con aria fredda, cielo stellato e un lungo w.e. tutto da sfruttare. Si torna in buca, e questa volta siamo in
tanti. Da Bologna io, Lella, Sandro e Gianluca zac; da lucca Adriano e Siria; da Modena e dintorni Geo, Wainer, Enrica e Stefania. La solita cenetta notturna a base di affettati, insalate, vino e sigarette; i soliti ciocchi che allegramente bruciano nella stufa; il solito fumo della stufa in veranda, ormai ribattezzata "la veranda dello speck". Al mattino seguente ci si rifocilla con quella che nel proprio immaginario ognuno chiama "colazione": adriano ed enrica con pane e salame (e forse anche cipolle); Viper con tè e due dozzine di biscotti; il sottoscritto con la più classica ed innocua pappa cucineddra; e così via. Bene, si va!
Raggiungiamo la valle, sempre più innevata. La sbarra è aperta, cosa che ci permette di portar su gli zaini fino al piano della prima cava; la neve è dura, ottima per usare i ramponi, e ottima anche per fare dei giri esterni in cresta. Tutto ciò aumenta il rischio defezioni, difficile da contrastare
con offerte del tipo "15 ore - in buca - strettoie varie - pozzi fangosi - frane - umido - fatica". Mentre Viper, io e lella ci apprestiamo ad entrare, gli altri ci dicono: - andate avanti voi, noi entreremo dopo, e intanto andiamo al bar a farci un tè caldo. - Puzza di sola, ma siamo fiduciosi e andiamo dentro.

Si esplora
La buca è praticamente secca, non c'è stillicidio da nessuna parte e il ghiaccio all'ingresso ostringe a gradinare con la piccozza fino al secondo pozzo. Arriviamo alla base dell'Imbuto in 2 ore e mezzo, e partiamo con l'esplorazione: scendiamo il primo pozzo, poi un saltino di pochi metri
sempre nel fossile, galleriozza, e risbuchiamo sull'attivo, alla base di un camino da cui arriva non solo stillicidio vario, ma anche un forte rumore d'acqua. Risaliamo una facile paretina di qualche metro e...sorpresa! c'è un altro pozzo! Viper va dalla parte opposta, in pratica continuando in
direzione del meandro fossile, sempre seguendo l'aria. La via è per di là, con anche dei bivi, uno dei quali porta sotto il pozzo appena visto. Nel frattempo ci hanno raggiunto Enrica e Siria e si uniscono all'esplorazione, anzi vanno avanti loro seguendo la via dell'acqua fra due pareti che si
fanno sempre più vicine, sempre più strette ed infine diventano impraticabili. Intanto l'aria si è persa....
Viper va in alto sul meandro cercando ambienti più larghi e ritrova anche l'aria (anche se per poco non m'ammazza con un masso che sembrava roccia viva, ed invece era in bilico perfetto!). Io giro in una zona più a monte sbucando di nuovo alla base del pozzo precedente (che palle!). Vedo anche un largo promettente in un altra parte del meandro, ma non sono sicuro che per di lì non ci si sia già passati. comincio a non raccapezzarmici più! Torniamo indietro verso la base del camino, dove sono arrivati anche Sandro e Adriano, i "pulitori di frane" (infatti il loro compito stavolta era quello di fare piazza pulita dei vari sassi, sassoni, frane e franette sospese qua e là lungo il percorso). Sandro battezza la zona in cui siamo ENIGMA.

Si mangia
Ritorniamo nel fossile e facciamo una pausa. Gianluca è già in risalita (si è fermato a metà del pozzone per problemi alla schiena). Adriano e Sandro ripartono, Siria li segue subito dopo. Un po' delusi per la "brevità" della via fossile, attendiamo l'arrivo di Viper e Enrica. Hanno trovato un'altra via, un po' incasinata ma che porta su un altro pozzo da scendere, sempre con acqua. Non abbiamo voglia di bagnarci e decidiamo di mollare lì, inziando il rilievo da questo nuovo campo base fino al pozzone.

Si esce
Qualche ora di cifre, numeri, cordella, fango, e siamo fuori e... indovinate un po'? Nevica, gli zaini sono di nuovo sepolti di neve, fa un bel freschino, ci mettiamo i ramponi e corriamo alla macchina. Piano piano scendiamo giù in paese. La nevicata, leggera, ha coperto anche Gramolazzo e Agliano. E' tutto bianco. In casa questa volta non c'è il freddo della settimana scorsa; la stufa è ancora accesa, il minestrone caldo, fagioli e purè di patate, carciofi, formaggi, insomma una cena/colazione coi fiocchi, lasciata dagli altri per gli ultimi usciti.
Qualche numero:
I dati del rilievo ci dicono che: la buca nuova è profonda 315 metri (+ una ventina non ancora rilevati); si sviluppa per 540 metri; si sta spostando verso SUD; il pozzo che chiudeva nel vuoto non è un 70, ma un 60 ; quello successivo è un 33.

Poesia: o buca nuova, o buca nuova, ma perchè cazzo vai a sud che noi
volevamo andare a equi, a nord? non farci arrabbiare anche tu!!!!

Francesco

mercoledì 21 gennaio 2004

Buca Nuova e la Finestra Temporale



19 gennaio 2004

Piove, a Bologna piove; a Pavia piove, per strada piove, ad Agliano piove. Che andiamo a fare in Apuane io, marinella e Viper se sappiamo già che pioverà per tutto il w.e.? Proviamo ad andare in grotta!Tutto il nostro ragionamento si basa su una teoria di Viper, ovvero LA FINESTRA TEMPORALE. Lui sostiene che il maltempo è diviso tra due perturbazioni che si inseguono a distanza di qualche ora, per cui sabato mattina, tra mezzogiorno e le quattro del pomeriggio dovrebbe smettere di piovere. Questa "finestra" ci permetterà di entrare in grotta.
Per tutta la notte i tuoni e i lampi la fanno da padrone su Agliano e il nord apuano. L'indomani, verso le 12 spunta il sereno (il quasi sereno). Ecco confermata la teoria, quindi si va in buca! Nel frattempo arrivano ad Agliano alcuni bolognesi (Brozzi, Matteo, Jeremy e Susan), i quali, respinti dalla neve che blocca la strada per Go Fredo, si uniscono all'uscita in Serenaia.

La grotta
In valle ha nevicato ancora, anzi ha grandinato, ma non fa molto freddo. Fiumi d'acqua scendono da tutte le parti, da ogni canale, sotto ogni blocco di marmo: e in grotta come sarà? In grotta c'è un casino d'acqua! Stillicidio sul 20, stillicidio alla "Finestra sul Coniglio", cascatella d'acqua sul Pozzo dell'Inquietudine" (P40 che poi è un 50). Doccia abbondante alla prima strettoia allargata e poi, oltre la strettoia UDM, un frastuono di acqua rombante che per fortuna scorre sotto i nostri piedi buttandosi sul P15. Mai vista tanta acqua in buca. Lungo il meandro, al bivio della concrezione, c'è un altro arrivo. Altra acqua viene dal "meandro dei geodi" da dx. Arriviamo in cima al pozzone, battezzato "Il Pozzo che chiudeva nel vuoto" e qui ricomincia l'esplorazione.

L'esplorazione
Viper si prepara a scendere il pozzo. Sentiamo il trapano che lavora: 1 fix, 2 fix, e poi più niente. Il rombo dell'acqua che si precipita per 70 metri è assordante. Per 2 ore stiamo in attesa, io e Marinella. I ragazzi di bologna sono già usciti, dopo aver fatto qualche foto qua e là. Finalmente Viper ritorna. Il pozzo è armato con ben 10 frazionamenti, in fondo c'è una sala e poi un altro pozzo. Questa volta tocca a me, a parto per andare ad attrezzare l'altro pozzo. Vado giù, scivolo (letteralmente) lungo le pareti fangose, poi finalmente si giunge su roccia pulita, ancora qualche frazionamente e atterro su blocchi di frana. Sembra la base del pozzo angel in Pannè, con l'aqua nebulizzata tutto attorno che crea una nebbia impenetrabile. Alla luce dell'elettrico vedo appena il pozzo successivo: un anfiteatro di frana che orla tutto il pozzo, come un gigantesco imbuto. Preparo l'attacco, scarico alcune tonnellate di sassi giù per L'IMBUTO e scendo. Traverso un po' per uscire dai sassi a dall'acqua, e ora la discesa è tranquilla. La corda però non basta, e l'eroico Viper torna a salire il pozzone per andare a recuparere tutto quello che c'è su (attacchi, corde, cordini, etc...) compresa la marinella, da alcune ore sotto il poncho, in versione Collins - missione Apollo 13. Sul più bello, cioè sull'ultimo frazionamento prima del tiro nel vuoto, muore il trapano: batteria finita a metà foro. Porc! acc.!! mad!

Fix corto o Fix lungo
Torno su sperando che ci sia uno spit da qualche parte. Macchè! che si fa? Viper non ha dubbi: fix corto e via! Questa volta scende lui, mette il fix e va giù, ma ...la corda finisce a 1 metro e mezzo dal fondo. Porca vacca, altro giro per recuperare una corda (abbiamo tagliato a martellate uno
spezzone dalla corda che avanzava dal pozzo precedente), e di nuovo giù: nodo nel vuoto e finalmente atterrati. Ci infiliamo in una nicchia in parete, superiamo qualche grosso sasso e la
grotta continua con un meraviglioso meandro fossile, alto almeno 15 metri, largo 3, con mensole a varie altezze che ci permettono di camminare per qualche metro, fino ad affacciarci sul vuoto. Abbiamo finito tutto (120 m di corde, 19 fix, 1 batteria) e non ci resta che fumarci una sigaretta
godendoci l'aria del meandro. Aria??? E già, abbiamo l'aria in faccia! La circolazione si è invertita, a stiamo andando verso un ingresso basso! Non era ancora successo nei marmi di serenaia di incontrare la corrente d'aria opposta! Stimiamo di essere più o meno 300 metri sotto terra, e la
direzione è sempre la stessa (225°).

Il ritorno
Già con la mente a quello che ci aspetta il prossimo w.e., usciamo dalla buca trovandoci immersi in una bufera di neve. Sono le 6 del mattino; i nostri zaini sono sepolti dalla neve che cade copiosamente. Bagnati come pulcini raggiungiamo la macchina, e poi finalmente (anche se a passo di lumaca per la strada innevata) la casa di Agliano. Una bella colazione a base di tortiglioni al sugo e vino del conte e poi a nanna. Piove ancora e piove per tutto il viaggio di ritorno. Ho idea che in tutte le Apuane siamo stati i soli ad andare in grotta con un tempo da lupi, e la sorte ha voluto che "La finestra temporale" esistesse davvero, risparmiandoci un w.e. chiusi in casa.



lunedì 10 settembre 2001

Buca Libre



I marmi di Val Serenaia, nelle Alpi Apuane Settentrionali (Toscana) sono sempre stati abbastanza avari in quanto a grotte. Nonostante la valle sia per buona parte circondata da splendide montagne di calcare zuccherino, tanto bianche da sembrare innevate nelle notti di luna piena, l'unico serio complesso ipogeo esistente si sviluppa interamente nei calcari selciferi (Buca del Pannè). Molte altre cavità sono state esplorate nel corso degli anni, ma nessuna per adesso (2001) ha permesso di raggiungere il cuore della valle, ovvero le eventuali zone profonde che drenano le acque sotterranee verso le sorgenti di Equi terme. La onnipresente attività estrattiva non ha ovviamente risparmiato nemmeno questo angolo del nord apuano, e la ricerca di probabili ingressi, attraverso gli squarci prodotti dalle cave sui fianchi delle montagne, sta diventando lo stile di ricerca di non pochi speleologi. Proprio cercando fra i piani di coltivazione delle vecchie cave abbandonate, nell'agosto del 2000 è stata individuata una stretta e ventosissima frattura, il cui allargamento ha dato i natali ad una nuova e strategicamente molto importante cavità. Si chiama Buca Libre, ed è posta alle pendici della lunga Cresta di Garnerone, a 1220 slm, lungo la strada marmifera che risale la valle da
nord a sud verso il Passo delle Pecore.


Una magnifica valle dal cuore di marmo

La Serenaia
è un suggestivo piano (1050 slm.) circondato dalle più alte cime Apuane. Il Serchio di Gramolazzo, uno dei due rami che formano il fiume Serchio, incide tutta la valle, formando anche una modesta e facile forra, piacevole da percorrere in estate. La sinistra orografica della valle è costituita principalmente da marmi e grezzoni, ben visibili non solo sulle creste dal Passo delle Pecore al Grondilice, dalla Cresta di Garnerone al Pizzo d'Uccello, ma anche nei fianchi delle montagne tormentati dalle numerosissime cave. Sul lato sud, i monti Contrario e Cavallo, assieme agli Zucchi di Cardeto separano Val Serenaia dalla Carcaraia, mentre ad est il monte Pisanino, il più alto monte della catena (1945 m.) chiude la splendida cornice di questa zona delle Alpi Apuane settentrionali. Una strada marmifera, in parte ora asfaltata, rimonta tutta la valle, fino a raggiungere la zona propriamente detta Orto di Donna, quasi al valico del Passo delle Pecore. In questi anni l'amministrazione comunale ha cercato di compiere un timido tentativo di salvaguardia della Serenaia, ma in maniera alquanto bizzarra, costruendo un pseudo pista ciclabile che si sviluppa per 100 mt. in tondo; impiantando un parcheggio con fondo sterrato; un campeggio per roulotte circondato da alte reti metalliche; dei tavoli da pic-nic e un ponte in legno massiccio su un corso d'acqua perennemente in secca. Forse più per regolamentare una consuetudine al campeggio abusivo e stanziale praticato da molti, che per motivi di valorizzazione e tutela vera e propria dell'ambiente; o forse solo per utilizzare i fondi europei, che sono sempre disponibili ma che troppo spesso vengono usati male.
L'impatto peggiore comunque, dal punto di vista "estetico", lo hanno sempre le cave, e soprattutto le terribili discariche di materiale da lavorazione (i ravaneti), ma nonostante ciò il fascino di Val Serenaia resta intatto, a dispetto della altissima piovosità (o forse anche per questo) che ne limita fortemente la fruizione, ad escursionisti e speleologi.

Piove, andiamo ad esplorare.

E proprio la piovosità ha rallentato l'esplorazione di questa nuova cavità. La grotta è stata trovate nell'agosto del 2000, grazie alla caparbietà dei sempre attivi "ricercatori" del Sottosopra (OSM Modena). Sono parecchi anni che Val Serenaia viene setacciata alla ricerca "dell'anello di congiunzione", ovvero di quella grotta che può portarci a Equi per via sotterranea (visto che dal Pannè è molto difficile arrivarci!). E quando le ultime colorazioni delle acque profonde dell'Abisso Saragato hanno confermato il collegamento tra le zone di assorbimento di Carcaraia e la sorgente più settentrionale del massiccio apuano, la voglia di tornare a cercare grotte si è fatta ancora più intensa. Girando fra boschi e cave, attorno al vecchio rifugio Donegani, finalmente, in uno dei numerosi tagli di cava abbandonati, si è trovato qualcosa di interessante: una modesta frattura con molta aria!
Dopo un primo periodo passato a cercare di rendere più transitabile quello che è poi diventato il meandro d'ingresso - lungo 40 metri e largo dai 25cm ai 40 cm - sono arrivati i primi salti, o pozzi che dir si voglia. Prima un P30, poi un altro meandro stretto e poi un P58 (che avendolo chiamato 70 in esplorazione non abbiamo avuto cuore a ridurgli il titolo dopo il rilievo). Alla sua base una grossa frana ha rallentato un po' l'esplorazione, non tanto perché non riuscisse a trovare la via buona, ma per il fatto che la grande quantità di massi sospesi sopra la testa non tranquillizzava affatto, ed essere costretti a scendere proprio sotto giganteschi blocchi incastrati fra strette pareti non ha mai aiutato il morale, in nessuna grotta.




Oltre la frana, un alto e stretto meandro ci porta ad una breve galleria, il cui pavimento è formato da agglomerati di selci e ciottoli fluitati, concrezionati in uno strato di calcite a sua volta fratturato per insenso longitudinale. L'acqua infatti scorre sotto i nostri piedi, qualche metro più giù. Poco più avanti c'è la zona più importante della grotta: il grande pozzo.
Per ben due mesi le continue piogge dell'autunno più piovoso che ricordo da dieci anni a questa parte ci hanno tenuti lontani da Buca Libre, nonostante avessimo davanti un nuovo pozzo da scendere, stimato oltre i 100 metri e tutti nel vuoto. L'assenza forzata dalla grotta ha scatenato le fantasie sulla reale profondità del pozzo, al punto da organizzare una vera e propria scommessa con tanto di quote (2.000 lire) e monte premi finale (36.000 lire) per chi si avvicinava di più alla misura reale a rilievo fatto. Oltretutto il racconto dei primi esploratori era il seguente: “il primo sasso ha impiegato 8 secondi ad arrivare; del secondo non abbiamo nemmeno sentito il rumore!”
Potete ben immaginare come le cifre si siano sprecate, andando dai timidi 105 metri ai trionfali 350 metri! Per la cronaca il pozzo misura 110 m., ma essendo immediataente seguito da due altri pozzi rispettivamente da 10 e da 35 m., si può dire che l'ambiente totale è di oltre 150 metri (dalla cima del pozzo si vede il fondo del terzo salto), anche se non è "morfologicamente corretto".
Alla base del P35 la cavità non è più percorribile, interrotta da una frana che per il momento non presenta punti "attaccabili" . Fra i sassi è stata anche trovata una buona quantità di marmettola, la polvere prodotta dal taglio del marmo in cava, molto probabilmente portata lì dall'acqua proveniente da un'altra delle tante cave presenti in valle. La corrente d'aria, molto forte per tutta la grotta, sembra interrompersi proprio prima di scendere questa bella verticale, e proprio inseguendo l'aria abbiamo iniziato le prime risalite alla partenza del P.110, ritornando però a cadere sempre sullo stesso ambiente. Un'altra finestra a prima vista molto invitante si trova alla base del P.110, ma anche da lì si ritorna sempre sul medesimo fondo.


Arie e acque

La presenza dell'acqua in grotta è molto modesta; un diffuso stillicidio nella prima parte della cavità si trasforma in un ruscelletto dopo il primo pozzo, e segue tutta la grotta sparendo nei meandri sfondati e ricomparendo nei pozzi. La cavità comunque è di quelle che potremmo definire "ad innesto rapido", ovvero bastano poche ore di pioggia per renderne impraticabile le discesa, fin dal primo salto, che risulta completamente invaso da una forte cascata.
Tutta la grotta si sviluppa su una fascio di fratture orientate NNE/SSO, in direzione 246°. E' all'altezza del P.110 (a -150) che si incontra una nuova frattura N/S, con un nuovo arrivo d'acqua e altro intenso stillicidio. Tutto ciò fa pensare che questo possa essere il nodo principale di quello che per adesso è solo un ramo, forse secondario, di una grotta più grande (l'attuale l'ingresso è senz'altro un ingresso basso). Buca Libre ha attualmente uno sviluppo spaziale di 604 metri, è profonda 295 metri è il suo spostamento in pianta è di 332 metri, tutti in direzione 246°.


L'inquadramento rispetto alle altre cavità

Se tracciamo una linea immaginaria dalla Carcaraia alle sorgenti di Equi Terme, e ipotizziamo che questa sia l'autostrada ipogea delle acque della zona, possiamo dire che Buca Libre può rappresentare il casello d'ingresso di Val Serenaia.
Le altre cavità conosciute si sviluppano quasi interamente nella zona sud della valle, in rocce e stratificazione totalmente estranee e sovrapposte ai marmi. Oltre ai piccoli pozzetti trovati nei vari tagli di cava, ma che non superano i 60 m. di profondità, l'unica vera grotta già esplorata in questa parte della valle è la Buca dei Lucchesi, poco più a Nord della Buca Libre, su un pendio roccioso a est del Pizzo d'Uccello, al limite dei boschi di faggi. Le rocce su cui si apre la grotta sono Calcari Selciferi, gli stessi che sormontano i marmi di Buca Libre. Ma la B. dei Lucchesi, esplorata negli anni '70 e '80 da lucchesi, bolognesi e poi piemontesi, e ripetuta qualche anno fa da noi, pare proprio che non voglia rivelare le sue profondità nascoste, se mai ne abbia realmente, e per adesso rimane lì.
Una zona interessante per le nostre ricerche esterne è la Valle dell'Asino, inglobata fra il Passo delle Pecore, la Cresta di Garnerone e la marmifera di Orto di Donna. Le rocce affioranti sono principalmente Grezzoni e Calcari Selciferi, ma la presenza di numerose doline, allineate N-S, potrebbe riservare qualche sorpresa.
Non che queste zone non siano state mai viste, ma come al solito la presenza di una cavità già sviluppata nelle vicinanze fa aumentare la voglia di scavare in qualsiasi buchetto, e come si sa i risultati arrivano anche così.

Francesco De Grande