lunedì 19 giugno 2006

Apertura estiva Seranaialand


lunedì 19 giugno 2006

Salve a tutti, il parco giochi Serenaialand è lieta di annunciarvi la riapertura estiva e come tutti i parchi che si rispettino non manca una nuova attrazione...per ora non ha un nome, ma presto lo avrà...sperando che sia migliore dei precedenti!

ANTEFATTO

Era una inverno a cavallo del nuovo millenio, con Teto, Martini e qualcun'altro andammo a vedere un buco nel taglio della cava del Torre: uno scivolo, un cunicolo e poi un pozzo, grande, al contatto fra marmi e selciferi. Restammo un po' ad assaporare il profumo d'abisso, ben sapendo dove ci trovavamo: su un fronte di cava attiva! Inebriati dal quel profumo, la sera stessa eravamo a casa del Torre a chiedere di poter vedere cosa c'era al di là. La risposta, perentoria, fu: "No, non si può, ma fra qualche anno vado in pensione e forse la buca sarà ancora lì..."

Cercammo di dimenticarla...

INVERNO 2005/06

Ad Agliano giunge la notizia: il Torre è andato in pensione!! I ricordi riaffiorano veloci...non l'avevamo dimenticata davvero!

LO SCORSO WEEK-END

Torniamo in cava del Torre e ...la buca c'è ancora, non e' più sul piano di cava, ma "in parete", ma c'è ancora! Del detrito chiude parzialmente l'ingresso, ma bastano un paio d'ore con gli strumenti giusti (gentilmente lasciati in cava dall'ex proprietario) e i "provvidenziali" consigli dei nostri umarell Salvio e Gigi, alias Cip&Ciop, ed è fatta! Con quello che abbiamo scendiamo il pozzo rimasto inviolato anni prima...oltre continua con una nuova verticale!

IL WEEK-END

Ci ritroviamo ad Agliano venerdì sera: presenti Wainer, Stefi, Mez, Siria, Paconi e Sonia. Lo scopo chiaramente è andare a scendere la nuova buca...o meglio per me e Siria questo è lo scopo: Mez non sa ancora nulla. Poiché domenica era il suo compleanno, l'idea della sua amata era di regalargli un'esplorazione!! Quindi lo convinciamo ad andare in zona cava del Torre, portandosi tutta l'attrezzatura da grotta, per scendere un (inesistente) pozzo siglato dal Bolzaneto tanti anni fa....La notte passa tranquilla, a parte per oscuri personaggi che riempiono gli zaini di corde e moschettoni con fare guardingo.

Il sabato di buonora modenese partiamo per la valle. Raggiungiamo la cava del Torre, mentre Panconi, Sonia e Stefania vanno a farsi un giro a Foce Giovo. Una volta in cava, ancora con il raggiro, portiamo Mez di fronte al suo regalo di compleanno...direi che si possa dire che è restato letteralmente senza parole! Un po' di risate e dagli zaini mio e di Siria iniziano ad emergere corde, attacchi, sacchi e carburo. Ci prepariamo e andiamo...con Siria e Mez, volenti o nolenti, ormai entrati anche loro nel tunnel della Serenaia.

La grotta si sviluppa completamente lungo il contatto fra marmi e calcari selciferi: è pazzesco, si entra in un cava di marmo e dopo poche decine di metri sembra di essere in Pannè. Gli ambienti sono praticamente sempre grandi, inclinati secondo l'approfondimento degli strati, quindi avanziamo armando scivoli con un pavimento di selce e un tetto di marmo. E per fortuna che c'è il tetto di marmo: il selcifero è formato da strati alternati così sottili che è inutilizzabile per armare, quindi tutti gli attacchi sono fatti a tetto.

Ad ogni pozzo dobbiamo cacciare giù decine di lame di selce che sporgono fino ad un metro dalle pareti, sono talmente elastiche che il metodo più efficace è saltarci sopra! Ma tutto sommato è divertente. Ma soprattutto ci accorgiamo che la buca non sembra metterci in difficoltà: dopo ogni scivolo, ce n'e' un altro, più grande, ci sono arrivi, meandrini che soffiano aria.

In breve i nostri sacchi sono vuoti, ci restano giusto due spezzoni di pochi metri. Mez sta guardando come armare l'attacco dell'ennesimo pozzo, anche se non abbiamo niente con cui scenderlo: non ci vorremmo fermare più! Lo raggiungo, do un'occhiata anche io e...dall'altra parte mi sembra di vedere una nicchia, come...un galleria freatica?! Mez concorda con me e si lancia in una traversata-su-lame-di-selce-che-flettono-come-cartone, arriva di là, sparisce per un attimo nella nicchia e ritorna dicendo:"C'è il freatico, vi aspetto...anche perché non so come tornare indietro!".

Recuperati gli spezzoni facciamo un traverso come meglio possiamo e ci infiliamo nel Tubo! E' una bellissima gallerie freatica dritta, in salita, tonda, un metro di diametro, completamente nel marmo, talmente lucidato da sembrare ghiaccio. La percorriamo di corsa, Siria in testa, per una cinquantina di metri, scendiamo un saltino, un cunicolo e al di là...un altro pozzetto tutto nel marmo, che ci soffia aria in faccia. Non abbiamo più nulla. Non ci resta che tornare indietro. In breve siamo fuori, giusto per vedere le ultime luci lasciare Orto di Donna.

Riepilogando: saremo scesi 150m, mentre l'ingresso si trova a circa 1400 m slm, cioè la galleria si trova a 1250 m slm. In Buca Nuova non abbiamo mai visto nulla simile, nemmeno arrivando a 600 m slm. Sarà un accidente locale o qualcosa di più serio? Nei nostri sogni è la seconda e immaginiamo già di essere nella chiave di volta del complesso che unirà Due Mondi, calcare selcifero e marmo....ma lo scopriremo solo più avanti, per ora abbiamo due pozzi che aspettano solo di essere scesi e tanta aria da inseguire.

Ciao Wainer


domenica 12 marzo 2006

Nuova grotta!

10 marzo 2006

C'è una nuova (vecchia) grotta in Serenaia. Non ha ancora un nome e per ora è solo un piano inclinato che scende per 15 metri al contatto fra marmi e calcari selciferi. Il pavimento del piano è sui selciferi, il tetto della grotta è nei marmi. Siamo sul lato esterno della famosa sinclinale del Pannè, quindi quello buono per non finire nei diaspri. L'aria è forte e il termometro di Salvioli misura 3,2 gradi!
Lo sapremo nei prossimi week end.

Francesco

giovedì 26 gennaio 2006

Una magnifica giornata invernale...



Questo è Passo Giovo, con alle spalle il Pizzo d'Uccello (Toscana -Alpi Apuane settentrionali). In inverno è più facile cercare le grotte, perchè si vede la neve sciolta dall'aria più calda che proviene dal sottosuolo, ma a volte conviene di più stare al chiuso e al caldo. Qui siamo nel mese di gennaio del 2006, faceva freddo e c'era tanto vento. Anche la piccozza stava dritta come fosse una bandierina...

mercoledì 26 maggio 2004

Buca Nuova e il principio di scarsità



24 maggio 2004

Che notte, quella notte!
E' finito l'inverno, è terminato il letargo, e finalmente si torna in grotta. La neve si è sciolta quasi dappertutto, ad eccezione dei canaloni sui versanti nord e della sempre bianca Carcaraia. A dire il vero questa neve è rosa, e non bianca, a causa delle pioggie di sabbia sahariana.
La strada che sale al Donegani è un vero macello; tra il ghiaccio, i camion di cava e la "poiana" è rimasto ben poco di asfalto. Siamo in cinque: Enrico, Wainer, Zac, Lella e io. La sbarra che chiude la strada per le cave si abbassa sotto i nostri occhi, e per una manciata di minuti non riusciamo a portare su gli zaini in macchina. Poco male, per fortuna non abbiamo tanto materiale e la salita è tranquilla. All'ingresso di Buca nuova decidiamo di fare uno spuntino, giusto per non entrare a stomaco vuoto: una fetta di pane, un po' di companatico, e via. L'inverno ha lasciato qualche traccia del suo passaggio, e molti sassi all'ingresso sono pericolosamente in bilico, molto pericolosamente, e chissà perchè, dalla scorsa settimana ogni sasso è diventato "pericolosamente in bilico". Ne spostiamo qualcuno, qulache altro finisce giù dal primo pozzo, brutta storia: o facciamo di nuovo la disostruzione, o facciamo finta di niente e leggeri come delle farfalle bypassiamo la frana incombente. Optiamo per la seconda soluzione, anche se leggeri come farfalle non lo saremo mai!
Mano a mano che si scende, nelle attese fra un frazionamento e l'altro mi viene fame. Non sono il solo, anzi direi che sono in buona compagnia. Tutti, inspiegabilmente, hanno una gran fame! Vebbe', succede. Arriviamo al fondo. La nostra intenzione è di risalire il camino dopo il meandro fossile, a -300. Zac e Wainer si fiondano subito su, e salgono in libera una ventina di metri. Di là c'è una galleriozza che prosegue in discesa. Bene! Ma per raggiungerli è meglio mettere la via in sicurezza, così attrezzano un lungo traverso e noi tre li aspettiamo al campo base.
Nell'attesa mangiamo...una scatoletta di simmenthal che era di da 6 mesi. Non vogliamo intaccare il cibo collettivo, in quanto ci rendiamo conto che non è tantissimo. Intanto i due "puliscono" un po' dai sassi. Inizia una specie di terremoto che in certi momenti fa addirittura tremare il pavimento di fango secco della nostra saletta; i sassi tuonano minacciosi giù dal camino; sembriamo in una trincea della prima guerra mondiale, con i colpi di "mortaio" che si sentono in lontananza. "Questo era vicino" dice Enrico a sottolineare un boato più grande degli altri. Si aspetta che la gragnuola finisca. Poi il silenzio, interrotto dal suono del trapano. Vado a vedere a che punto sono le cose. Il traverso è a posto, salgo su e ci infiliamo per la galleriozza. Per Wainer puzza di "già visto", e in effetto dopo qualche metro anch'io riconosco il posto: c'eravamo già stati, risalendo da un via diversa dentro la forra attiva. Pausa, andiamo a mangiare un boccone.
Torniamo al campo base e ci prepariamo per la cenetta: ci sono 3 etti di affettato e 4 etti di formaggio, ma solo mezzo chilo di pane. Mi guardano tutti malissimo, visto che la spesa l'ho fatta io. Neanche le due cioccolate (una bianca e una nera) servono a consolare, e i succhi di pera
e il gatorade sono considerati puri orpelli. Marinella divide il pane in dieci sottilissime fette, che ci serve con sopra una, massimo due, fette di salame. Per quello strano meccanismo del "principio di scarsità" tutti diventano sempre più affamati, di cibo solido, e nessuno vuol farsi il classico brodo caldo o il caffè (ne abbiamo circa 20 buste, inutili). Propongo una scatola di tonno, recuperata in mezzo ai fix, ma senza pane è dura da mandar giù. Enrico cede e va a prendere dell'acqua per fare il famoso caffè. Torna dopo un quarto d'ora, completamente zuppo: lo stillicidio sotto cui stava la bottiglia di plastica è troppo vasto, e per di più la bottiglia si è rovesciata, con il risultato che dentro c'è solo un fondo di acqua biancastra assolutamente inutilizzabile. E' proprio la classica "goccia" che fa traboccare il vaso.
Sognando polli arrosto e pizza allo speck, riprendiamo la salita. Al diavolo anche il rilievo, che destiniamo ad una prossima uscita.
La salita è lenta. Wainer lamenta continui crampi da fame, il suo stomaco in effetti parla da solo. Zac non è da meno. A metà del 60 ad Enrico si rompe il pedale, che cade in fondo al pozzo con i suoi 3 moschi appesi. Finirà il pozzo utilizzando una staffa da risalita. Alla base del 50, in
attesa che gli altri salgano, mi addormento. Anche Wainer ronfa accanto a me, dentro il suo poncho a 30 gradi. Alle 6 del mattino siamo finalmente fuori. Corriamo letteralmente ad Agliano, pensando a quello che c'è in dispensa. Confidiamo in Sauro, che sicuramente ha portato qualcosa....
Sono le 7,30. Sauro è sveglio e ci prepara un aglio, olio e peperoncino. Zac si nutre con biscotti e salame (il biscotto imbottito), io mangio una peperonata del giorno prima fredda da frigo con del cioccolato bianco, bevendo lambrusco....Andrea per poco non vomita!

Ah, dimenticavo, il traverso l'abbiamo disarmato, e l'esplorazione è al punto di prima, cioà ferma all'ENIGMA. L'aria c'è sempre, ma è instabile, alle 2 del pomeriggio usciva, alle 6 del mattino entrava.

Alla prossima
Francesco

lunedì 26 gennaio 2004

Buca Nuova, oltre l'Imbuto


Agliano, 24 gennaio 2004

Clank, clik, clank. La chiave gira nel buco della serratura della porta d'ingresso del n. civico 14 di via santa maria ad Agliano. Sono le 11 di sera di una magnifica serata invernale, con aria fredda, cielo stellato e un lungo w.e. tutto da sfruttare. Si torna in buca, e questa volta siamo in
tanti. Da Bologna io, Lella, Sandro e Gianluca zac; da lucca Adriano e Siria; da Modena e dintorni Geo, Wainer, Enrica e Stefania. La solita cenetta notturna a base di affettati, insalate, vino e sigarette; i soliti ciocchi che allegramente bruciano nella stufa; il solito fumo della stufa in veranda, ormai ribattezzata "la veranda dello speck". Al mattino seguente ci si rifocilla con quella che nel proprio immaginario ognuno chiama "colazione": adriano ed enrica con pane e salame (e forse anche cipolle); Viper con tè e due dozzine di biscotti; il sottoscritto con la più classica ed innocua pappa cucineddra; e così via. Bene, si va!
Raggiungiamo la valle, sempre più innevata. La sbarra è aperta, cosa che ci permette di portar su gli zaini fino al piano della prima cava; la neve è dura, ottima per usare i ramponi, e ottima anche per fare dei giri esterni in cresta. Tutto ciò aumenta il rischio defezioni, difficile da contrastare
con offerte del tipo "15 ore - in buca - strettoie varie - pozzi fangosi - frane - umido - fatica". Mentre Viper, io e lella ci apprestiamo ad entrare, gli altri ci dicono: - andate avanti voi, noi entreremo dopo, e intanto andiamo al bar a farci un tè caldo. - Puzza di sola, ma siamo fiduciosi e andiamo dentro.

Si esplora
La buca è praticamente secca, non c'è stillicidio da nessuna parte e il ghiaccio all'ingresso ostringe a gradinare con la piccozza fino al secondo pozzo. Arriviamo alla base dell'Imbuto in 2 ore e mezzo, e partiamo con l'esplorazione: scendiamo il primo pozzo, poi un saltino di pochi metri
sempre nel fossile, galleriozza, e risbuchiamo sull'attivo, alla base di un camino da cui arriva non solo stillicidio vario, ma anche un forte rumore d'acqua. Risaliamo una facile paretina di qualche metro e...sorpresa! c'è un altro pozzo! Viper va dalla parte opposta, in pratica continuando in
direzione del meandro fossile, sempre seguendo l'aria. La via è per di là, con anche dei bivi, uno dei quali porta sotto il pozzo appena visto. Nel frattempo ci hanno raggiunto Enrica e Siria e si uniscono all'esplorazione, anzi vanno avanti loro seguendo la via dell'acqua fra due pareti che si
fanno sempre più vicine, sempre più strette ed infine diventano impraticabili. Intanto l'aria si è persa....
Viper va in alto sul meandro cercando ambienti più larghi e ritrova anche l'aria (anche se per poco non m'ammazza con un masso che sembrava roccia viva, ed invece era in bilico perfetto!). Io giro in una zona più a monte sbucando di nuovo alla base del pozzo precedente (che palle!). Vedo anche un largo promettente in un altra parte del meandro, ma non sono sicuro che per di lì non ci si sia già passati. comincio a non raccapezzarmici più! Torniamo indietro verso la base del camino, dove sono arrivati anche Sandro e Adriano, i "pulitori di frane" (infatti il loro compito stavolta era quello di fare piazza pulita dei vari sassi, sassoni, frane e franette sospese qua e là lungo il percorso). Sandro battezza la zona in cui siamo ENIGMA.

Si mangia
Ritorniamo nel fossile e facciamo una pausa. Gianluca è già in risalita (si è fermato a metà del pozzone per problemi alla schiena). Adriano e Sandro ripartono, Siria li segue subito dopo. Un po' delusi per la "brevità" della via fossile, attendiamo l'arrivo di Viper e Enrica. Hanno trovato un'altra via, un po' incasinata ma che porta su un altro pozzo da scendere, sempre con acqua. Non abbiamo voglia di bagnarci e decidiamo di mollare lì, inziando il rilievo da questo nuovo campo base fino al pozzone.

Si esce
Qualche ora di cifre, numeri, cordella, fango, e siamo fuori e... indovinate un po'? Nevica, gli zaini sono di nuovo sepolti di neve, fa un bel freschino, ci mettiamo i ramponi e corriamo alla macchina. Piano piano scendiamo giù in paese. La nevicata, leggera, ha coperto anche Gramolazzo e Agliano. E' tutto bianco. In casa questa volta non c'è il freddo della settimana scorsa; la stufa è ancora accesa, il minestrone caldo, fagioli e purè di patate, carciofi, formaggi, insomma una cena/colazione coi fiocchi, lasciata dagli altri per gli ultimi usciti.
Qualche numero:
I dati del rilievo ci dicono che: la buca nuova è profonda 315 metri (+ una ventina non ancora rilevati); si sviluppa per 540 metri; si sta spostando verso SUD; il pozzo che chiudeva nel vuoto non è un 70, ma un 60 ; quello successivo è un 33.

Poesia: o buca nuova, o buca nuova, ma perchè cazzo vai a sud che noi
volevamo andare a equi, a nord? non farci arrabbiare anche tu!!!!

Francesco

mercoledì 21 gennaio 2004

Buca Nuova e la Finestra Temporale



19 gennaio 2004

Piove, a Bologna piove; a Pavia piove, per strada piove, ad Agliano piove. Che andiamo a fare in Apuane io, marinella e Viper se sappiamo già che pioverà per tutto il w.e.? Proviamo ad andare in grotta!Tutto il nostro ragionamento si basa su una teoria di Viper, ovvero LA FINESTRA TEMPORALE. Lui sostiene che il maltempo è diviso tra due perturbazioni che si inseguono a distanza di qualche ora, per cui sabato mattina, tra mezzogiorno e le quattro del pomeriggio dovrebbe smettere di piovere. Questa "finestra" ci permetterà di entrare in grotta.
Per tutta la notte i tuoni e i lampi la fanno da padrone su Agliano e il nord apuano. L'indomani, verso le 12 spunta il sereno (il quasi sereno). Ecco confermata la teoria, quindi si va in buca! Nel frattempo arrivano ad Agliano alcuni bolognesi (Brozzi, Matteo, Jeremy e Susan), i quali, respinti dalla neve che blocca la strada per Go Fredo, si uniscono all'uscita in Serenaia.

La grotta
In valle ha nevicato ancora, anzi ha grandinato, ma non fa molto freddo. Fiumi d'acqua scendono da tutte le parti, da ogni canale, sotto ogni blocco di marmo: e in grotta come sarà? In grotta c'è un casino d'acqua! Stillicidio sul 20, stillicidio alla "Finestra sul Coniglio", cascatella d'acqua sul Pozzo dell'Inquietudine" (P40 che poi è un 50). Doccia abbondante alla prima strettoia allargata e poi, oltre la strettoia UDM, un frastuono di acqua rombante che per fortuna scorre sotto i nostri piedi buttandosi sul P15. Mai vista tanta acqua in buca. Lungo il meandro, al bivio della concrezione, c'è un altro arrivo. Altra acqua viene dal "meandro dei geodi" da dx. Arriviamo in cima al pozzone, battezzato "Il Pozzo che chiudeva nel vuoto" e qui ricomincia l'esplorazione.

L'esplorazione
Viper si prepara a scendere il pozzo. Sentiamo il trapano che lavora: 1 fix, 2 fix, e poi più niente. Il rombo dell'acqua che si precipita per 70 metri è assordante. Per 2 ore stiamo in attesa, io e Marinella. I ragazzi di bologna sono già usciti, dopo aver fatto qualche foto qua e là. Finalmente Viper ritorna. Il pozzo è armato con ben 10 frazionamenti, in fondo c'è una sala e poi un altro pozzo. Questa volta tocca a me, a parto per andare ad attrezzare l'altro pozzo. Vado giù, scivolo (letteralmente) lungo le pareti fangose, poi finalmente si giunge su roccia pulita, ancora qualche frazionamente e atterro su blocchi di frana. Sembra la base del pozzo angel in Pannè, con l'aqua nebulizzata tutto attorno che crea una nebbia impenetrabile. Alla luce dell'elettrico vedo appena il pozzo successivo: un anfiteatro di frana che orla tutto il pozzo, come un gigantesco imbuto. Preparo l'attacco, scarico alcune tonnellate di sassi giù per L'IMBUTO e scendo. Traverso un po' per uscire dai sassi a dall'acqua, e ora la discesa è tranquilla. La corda però non basta, e l'eroico Viper torna a salire il pozzone per andare a recuparere tutto quello che c'è su (attacchi, corde, cordini, etc...) compresa la marinella, da alcune ore sotto il poncho, in versione Collins - missione Apollo 13. Sul più bello, cioè sull'ultimo frazionamento prima del tiro nel vuoto, muore il trapano: batteria finita a metà foro. Porc! acc.!! mad!

Fix corto o Fix lungo
Torno su sperando che ci sia uno spit da qualche parte. Macchè! che si fa? Viper non ha dubbi: fix corto e via! Questa volta scende lui, mette il fix e va giù, ma ...la corda finisce a 1 metro e mezzo dal fondo. Porca vacca, altro giro per recuperare una corda (abbiamo tagliato a martellate uno
spezzone dalla corda che avanzava dal pozzo precedente), e di nuovo giù: nodo nel vuoto e finalmente atterrati. Ci infiliamo in una nicchia in parete, superiamo qualche grosso sasso e la
grotta continua con un meraviglioso meandro fossile, alto almeno 15 metri, largo 3, con mensole a varie altezze che ci permettono di camminare per qualche metro, fino ad affacciarci sul vuoto. Abbiamo finito tutto (120 m di corde, 19 fix, 1 batteria) e non ci resta che fumarci una sigaretta
godendoci l'aria del meandro. Aria??? E già, abbiamo l'aria in faccia! La circolazione si è invertita, a stiamo andando verso un ingresso basso! Non era ancora successo nei marmi di serenaia di incontrare la corrente d'aria opposta! Stimiamo di essere più o meno 300 metri sotto terra, e la
direzione è sempre la stessa (225°).

Il ritorno
Già con la mente a quello che ci aspetta il prossimo w.e., usciamo dalla buca trovandoci immersi in una bufera di neve. Sono le 6 del mattino; i nostri zaini sono sepolti dalla neve che cade copiosamente. Bagnati come pulcini raggiungiamo la macchina, e poi finalmente (anche se a passo di lumaca per la strada innevata) la casa di Agliano. Una bella colazione a base di tortiglioni al sugo e vino del conte e poi a nanna. Piove ancora e piove per tutto il viaggio di ritorno. Ho idea che in tutte le Apuane siamo stati i soli ad andare in grotta con un tempo da lupi, e la sorte ha voluto che "La finestra temporale" esistesse davvero, risparmiandoci un w.e. chiusi in casa.



lunedì 10 settembre 2001

Buca Libre



I marmi di Val Serenaia, nelle Alpi Apuane Settentrionali (Toscana) sono sempre stati abbastanza avari in quanto a grotte. Nonostante la valle sia per buona parte circondata da splendide montagne di calcare zuccherino, tanto bianche da sembrare innevate nelle notti di luna piena, l'unico serio complesso ipogeo esistente si sviluppa interamente nei calcari selciferi (Buca del Pannè). Molte altre cavità sono state esplorate nel corso degli anni, ma nessuna per adesso (2001) ha permesso di raggiungere il cuore della valle, ovvero le eventuali zone profonde che drenano le acque sotterranee verso le sorgenti di Equi terme. La onnipresente attività estrattiva non ha ovviamente risparmiato nemmeno questo angolo del nord apuano, e la ricerca di probabili ingressi, attraverso gli squarci prodotti dalle cave sui fianchi delle montagne, sta diventando lo stile di ricerca di non pochi speleologi. Proprio cercando fra i piani di coltivazione delle vecchie cave abbandonate, nell'agosto del 2000 è stata individuata una stretta e ventosissima frattura, il cui allargamento ha dato i natali ad una nuova e strategicamente molto importante cavità. Si chiama Buca Libre, ed è posta alle pendici della lunga Cresta di Garnerone, a 1220 slm, lungo la strada marmifera che risale la valle da
nord a sud verso il Passo delle Pecore.


Una magnifica valle dal cuore di marmo

La Serenaia
è un suggestivo piano (1050 slm.) circondato dalle più alte cime Apuane. Il Serchio di Gramolazzo, uno dei due rami che formano il fiume Serchio, incide tutta la valle, formando anche una modesta e facile forra, piacevole da percorrere in estate. La sinistra orografica della valle è costituita principalmente da marmi e grezzoni, ben visibili non solo sulle creste dal Passo delle Pecore al Grondilice, dalla Cresta di Garnerone al Pizzo d'Uccello, ma anche nei fianchi delle montagne tormentati dalle numerosissime cave. Sul lato sud, i monti Contrario e Cavallo, assieme agli Zucchi di Cardeto separano Val Serenaia dalla Carcaraia, mentre ad est il monte Pisanino, il più alto monte della catena (1945 m.) chiude la splendida cornice di questa zona delle Alpi Apuane settentrionali. Una strada marmifera, in parte ora asfaltata, rimonta tutta la valle, fino a raggiungere la zona propriamente detta Orto di Donna, quasi al valico del Passo delle Pecore. In questi anni l'amministrazione comunale ha cercato di compiere un timido tentativo di salvaguardia della Serenaia, ma in maniera alquanto bizzarra, costruendo un pseudo pista ciclabile che si sviluppa per 100 mt. in tondo; impiantando un parcheggio con fondo sterrato; un campeggio per roulotte circondato da alte reti metalliche; dei tavoli da pic-nic e un ponte in legno massiccio su un corso d'acqua perennemente in secca. Forse più per regolamentare una consuetudine al campeggio abusivo e stanziale praticato da molti, che per motivi di valorizzazione e tutela vera e propria dell'ambiente; o forse solo per utilizzare i fondi europei, che sono sempre disponibili ma che troppo spesso vengono usati male.
L'impatto peggiore comunque, dal punto di vista "estetico", lo hanno sempre le cave, e soprattutto le terribili discariche di materiale da lavorazione (i ravaneti), ma nonostante ciò il fascino di Val Serenaia resta intatto, a dispetto della altissima piovosità (o forse anche per questo) che ne limita fortemente la fruizione, ad escursionisti e speleologi.

Piove, andiamo ad esplorare.

E proprio la piovosità ha rallentato l'esplorazione di questa nuova cavità. La grotta è stata trovate nell'agosto del 2000, grazie alla caparbietà dei sempre attivi "ricercatori" del Sottosopra (OSM Modena). Sono parecchi anni che Val Serenaia viene setacciata alla ricerca "dell'anello di congiunzione", ovvero di quella grotta che può portarci a Equi per via sotterranea (visto che dal Pannè è molto difficile arrivarci!). E quando le ultime colorazioni delle acque profonde dell'Abisso Saragato hanno confermato il collegamento tra le zone di assorbimento di Carcaraia e la sorgente più settentrionale del massiccio apuano, la voglia di tornare a cercare grotte si è fatta ancora più intensa. Girando fra boschi e cave, attorno al vecchio rifugio Donegani, finalmente, in uno dei numerosi tagli di cava abbandonati, si è trovato qualcosa di interessante: una modesta frattura con molta aria!
Dopo un primo periodo passato a cercare di rendere più transitabile quello che è poi diventato il meandro d'ingresso - lungo 40 metri e largo dai 25cm ai 40 cm - sono arrivati i primi salti, o pozzi che dir si voglia. Prima un P30, poi un altro meandro stretto e poi un P58 (che avendolo chiamato 70 in esplorazione non abbiamo avuto cuore a ridurgli il titolo dopo il rilievo). Alla sua base una grossa frana ha rallentato un po' l'esplorazione, non tanto perché non riuscisse a trovare la via buona, ma per il fatto che la grande quantità di massi sospesi sopra la testa non tranquillizzava affatto, ed essere costretti a scendere proprio sotto giganteschi blocchi incastrati fra strette pareti non ha mai aiutato il morale, in nessuna grotta.




Oltre la frana, un alto e stretto meandro ci porta ad una breve galleria, il cui pavimento è formato da agglomerati di selci e ciottoli fluitati, concrezionati in uno strato di calcite a sua volta fratturato per insenso longitudinale. L'acqua infatti scorre sotto i nostri piedi, qualche metro più giù. Poco più avanti c'è la zona più importante della grotta: il grande pozzo.
Per ben due mesi le continue piogge dell'autunno più piovoso che ricordo da dieci anni a questa parte ci hanno tenuti lontani da Buca Libre, nonostante avessimo davanti un nuovo pozzo da scendere, stimato oltre i 100 metri e tutti nel vuoto. L'assenza forzata dalla grotta ha scatenato le fantasie sulla reale profondità del pozzo, al punto da organizzare una vera e propria scommessa con tanto di quote (2.000 lire) e monte premi finale (36.000 lire) per chi si avvicinava di più alla misura reale a rilievo fatto. Oltretutto il racconto dei primi esploratori era il seguente: “il primo sasso ha impiegato 8 secondi ad arrivare; del secondo non abbiamo nemmeno sentito il rumore!”
Potete ben immaginare come le cifre si siano sprecate, andando dai timidi 105 metri ai trionfali 350 metri! Per la cronaca il pozzo misura 110 m., ma essendo immediataente seguito da due altri pozzi rispettivamente da 10 e da 35 m., si può dire che l'ambiente totale è di oltre 150 metri (dalla cima del pozzo si vede il fondo del terzo salto), anche se non è "morfologicamente corretto".
Alla base del P35 la cavità non è più percorribile, interrotta da una frana che per il momento non presenta punti "attaccabili" . Fra i sassi è stata anche trovata una buona quantità di marmettola, la polvere prodotta dal taglio del marmo in cava, molto probabilmente portata lì dall'acqua proveniente da un'altra delle tante cave presenti in valle. La corrente d'aria, molto forte per tutta la grotta, sembra interrompersi proprio prima di scendere questa bella verticale, e proprio inseguendo l'aria abbiamo iniziato le prime risalite alla partenza del P.110, ritornando però a cadere sempre sullo stesso ambiente. Un'altra finestra a prima vista molto invitante si trova alla base del P.110, ma anche da lì si ritorna sempre sul medesimo fondo.


Arie e acque

La presenza dell'acqua in grotta è molto modesta; un diffuso stillicidio nella prima parte della cavità si trasforma in un ruscelletto dopo il primo pozzo, e segue tutta la grotta sparendo nei meandri sfondati e ricomparendo nei pozzi. La cavità comunque è di quelle che potremmo definire "ad innesto rapido", ovvero bastano poche ore di pioggia per renderne impraticabile le discesa, fin dal primo salto, che risulta completamente invaso da una forte cascata.
Tutta la grotta si sviluppa su una fascio di fratture orientate NNE/SSO, in direzione 246°. E' all'altezza del P.110 (a -150) che si incontra una nuova frattura N/S, con un nuovo arrivo d'acqua e altro intenso stillicidio. Tutto ciò fa pensare che questo possa essere il nodo principale di quello che per adesso è solo un ramo, forse secondario, di una grotta più grande (l'attuale l'ingresso è senz'altro un ingresso basso). Buca Libre ha attualmente uno sviluppo spaziale di 604 metri, è profonda 295 metri è il suo spostamento in pianta è di 332 metri, tutti in direzione 246°.


L'inquadramento rispetto alle altre cavità

Se tracciamo una linea immaginaria dalla Carcaraia alle sorgenti di Equi Terme, e ipotizziamo che questa sia l'autostrada ipogea delle acque della zona, possiamo dire che Buca Libre può rappresentare il casello d'ingresso di Val Serenaia.
Le altre cavità conosciute si sviluppano quasi interamente nella zona sud della valle, in rocce e stratificazione totalmente estranee e sovrapposte ai marmi. Oltre ai piccoli pozzetti trovati nei vari tagli di cava, ma che non superano i 60 m. di profondità, l'unica vera grotta già esplorata in questa parte della valle è la Buca dei Lucchesi, poco più a Nord della Buca Libre, su un pendio roccioso a est del Pizzo d'Uccello, al limite dei boschi di faggi. Le rocce su cui si apre la grotta sono Calcari Selciferi, gli stessi che sormontano i marmi di Buca Libre. Ma la B. dei Lucchesi, esplorata negli anni '70 e '80 da lucchesi, bolognesi e poi piemontesi, e ripetuta qualche anno fa da noi, pare proprio che non voglia rivelare le sue profondità nascoste, se mai ne abbia realmente, e per adesso rimane lì.
Una zona interessante per le nostre ricerche esterne è la Valle dell'Asino, inglobata fra il Passo delle Pecore, la Cresta di Garnerone e la marmifera di Orto di Donna. Le rocce affioranti sono principalmente Grezzoni e Calcari Selciferi, ma la presenza di numerose doline, allineate N-S, potrebbe riservare qualche sorpresa.
Non che queste zone non siano state mai viste, ma come al solito la presenza di una cavità già sviluppata nelle vicinanze fa aumentare la voglia di scavare in qualsiasi buchetto, e come si sa i risultati arrivano anche così.

Francesco De Grande






sabato 1 gennaio 1994

La Buca del Pannè


La Buca del Pannè si trova in val Serenaia, nel nord delle Alpi Apuane, in provincia di Lucca (Toscana). E' una grotta molto grande, non solo per i numeri - cinque chilometri di gallerie, saloni e pozzi, per 576 metri di profondità - ma anche per le dimensioni dei suoi ambienti, quasi sempre larghi, comodi, con pareti distanti fra di loro anche decine di metri e soffitti a 10/15 metri dal pavimento. E' stata scesa per la prima volta dagli speleologi emiliani (OSM Modena e GSPGC Reggio Emilia) su indicazione di Giuseppe Casotti, un abitante del vicino paese di Gorfigliano. Era la primavera del 1994 quando le prime luci dell'acetilene illuminavano il pozzo di ingresso del Pannè. Allora non sapevamo ancora che stavamo per intraprendere l'affascinante l'esplorazione di una delle grotte più grandi della zona, ma la forte corrente d'aria presente nei primi metri era un segno inconfondibile del grande abisso!


Settimana dopo settimana, mese dopo mese, la Buca del Pannè ci ha visto scendere al suo interno, armati di corde, moschettoni, attacchi, viveri e attrezzature varie per esplorarne ogni centimetro, alla ricerca di tutte le sue vie, dei suoi fiumi, delle sue cascate. L'anno successivo, girando fra i boschi attorno all'ingresso della grotta, viene trovato un grande pozzo a cielo aperto. Questa enorme spaccatura nel terreno precipita per circa 250 metri nel sottosuolo, in un'unica verticale, intervallata qua e là da piccoli terrazzi e cengie, fino a terminare la sua corsa dentro il Pannè, esattamente nel grande salone al fondo della grotta. Sarà chiamata Buca dei Faggi, e rappresenta il secondo ingresso della grotta. Intanto le esplorazioni continuano, si aggiungono metri su metri alla topografia e l'estate successiva viene organizzato un campo spelologico, coinvolgendo anche speleologi toscani, romagnoli, siciliani, con lo scopo di cercare nuovi ingressi sulle pendici del M.Cavallo.


Così è, e fra tutti i buchi dai quali esce aria di grotta ce n'è uno che più di tutti merita lavori di disostruzione; è stato siglato MC5 (Monte Cavallo n.5) e da buchetto si trasformerà in grotta, anzi diventerà il 3° ingresso del complesso, quello più alto, quello che porterà tutta la grotta a misurare 576 metri di dislivello. Certo, ancora non lo sappiamo che l'MC5 si unirà al Pannè; ci vorrà un altro anno di esplorazioni, di salite lungo le pendici dei monti carichi di sacchi da grotta e di discese lungo i pozzi della grotta, facendo attenzione alle frane sempre in agguato su questi friabili calcari selciferi, prima di trovare il collegamento con la parte più alta del Pannè. Si entra in grotta in tarda mattinata, si esplora per tutta la notte e si esce alle prime ore del mattino, a volte ancora di notte sotto un cielo stellatissimo; altre volte invece sotto meravigliose nevicate, belle a vedersi, un po' meno a starci in mezzo, dovendo scendere a valle dai 1600 mt di quota, con grandi e pesanti zaini in spalle, con ramponi e piccozza per pendii niente affatto dolci. Ma è il bello della speleologia, il bello dell'esplorazione..8e>

Passa un altro anno, siamo nel 1997 e ancora si esplora questa grande grotta. Le vie di collegamento fra l'ingresso alto e il resto della grotta sono diventate due, le diramazioni interne sono decine, le topografie ci dicono che abbiamo raggiunti i 5 km di sviluppo; abbiamo fotografato tutti gli ambienti, non ci rimane che fare un ultimo studio, colorare le acque della grotta con un tracciante (non inquinante, sia chiaro) per vedere in quale sorgente risorgono. Immettiamo 5 kg di fluoresceina, coordinati dalla Federazione Speleologica Toscana, e posizioniamo dei fluo-captori nelle sorgenti più probabili. Dopo pochi giorni la sorgente di Equi Terme risulta positiva, le acque sotterranee di val Serenaia arrivano fin lì. Con il 1998 terminano le esplorazioni nella grotta, si provvede a disarmare la cavità, a portare fuori tutto il materiale che era servito per muoversi dentro in sicurezza, si posiziona una targhetta metallica al suo ingresso con riportato il nome e il numero catastale (le grotte in Italia hanno un catasto in ogni regione che ne raccoglie e conserva tutti i dati). Come tutte le grotte non turistiche la Buca del Pannè non è visitabile. Ci possono accedere solo gli speleologi, in quanto capaci di utilizzare le tecniche necessarie per muoversi in sicurezza in ambienti ipogei. Nel 2001 il Pannè concede un ultimo guizzo esplorativo; durante una battuta nei suoi dintorni viene trovata un altra grotta, con un ingresso a cunicolo, ma con tantissima aria. Si inizia ad esplorare questa grotta, molto simili per conformazione e rocce al Pannè, a tal punto che la battezziamo "Pannino", e dopo poche centinaia di metri di percorso ci ritroviamo in cima ad uno dei pozzi iniziali del Pannè, confermando il Pannino come 4° ingresso della grotta.


La Buca del Pannè rimane fino a oggi la grotta più grande della val Serenaia, un complesso che misura oltre 5 km di lunghezza; profondo quasi 600 metri e con ben 4 ingressi, 3 posti tutti attorno ai 1400 m slm, e uno, il più alto, l'MC5, a 1600 m slm.
Alla sua esplorazione hanno partecipato, negli anni che vanno dal 1994 al 1998, gli speleologi appartenenti al OSM Sottosopra Modena, al GSPGC Reggio Emilia, al GSL Lucca, oltre a decine di altri speleologi provenienti da diverse parti d'italia, dalla Sicilia al Piemonte. I dati catastali con le relative topografie sono reperibili presso il Castato delle cavità naturali della Toscana, curato e gestito dalla Federazione Speleologica Toscana. Foto, video e altra documentazione è conservata invece presso la sede dell'OSM Sottosopra Modena.