venerdì 12 dicembre 2008

Una grotta "indisostruibile"



Constatata l'impossibilità di entrare a Su Cavatorre (cascata di acqua e ghiaccio all'ingresso!), decidiamo di proseguire fino in prossimità del passo delle pecore, arrivando alle pendici del Grondilice, per buttare il naso dentro al buco nuovo aperto due settimane fa. La ramponata per arrivare fin lassù è lunga, anche perchè una pala spazzaneve sapientemente piazzata di traverso sbarrava la strada per la valle ad almeno due Km dal primo rifugio!i Lungo il tragitto assistiamo a varie defezion: entriamo quindi solo in quattro e, dopo un breve lavoro di bonifica dei detriti rimasti dalla disostruzione pesante, armiamo in breve il primo salto. Si tratta di un piano inclinato franoso gradonato, che da sul primo vero salto della grotta (P. 10 sotto stillicidio). Alla base l'unica corda da 40 m che abbiamo portato inizia già a scarseggiare, mentre la cavità prosegue in discesa con un meandro stretto che si approfondisce con piccoli salti (sempre in strettoia...). Riesco a scendere in libera i primi due gradoni, sbucando in un ambiente più largo affacciato su di un altro saltino. L'aria, fino a qui molto forte, sembra sparire: in genere non è un gran bel segno... Con facile arrampicata scendo anche l'ultimo pozzetto per constatare in effetti di essere arrivato in un "cul de sac": l'acqua riesce a continuare il suo cammino lungo strette fessure sul pavimento, l'uomo no! Risalgo incuriosito dal problema dell'aria, moltiplicando gli occhi per non lasciarmi sfuggire neanche il più piccolo pertugio. Arrivo fino alla prima strettoia, dove ricordavo di aver percepito ancora distintamente il forte alito caldo della montagna, e mi accorgo, da questa nuova prospettiva, che una quinta di roccia mi divideva da una frattura parallela a quella da cui ero arrivato. L'aria, in effetti, sembra provenire tutta da li, solo che filtra da una frana sospesa sul soffitto: indisostruibile!
Non rimane che risalire disarmando, incassando questa nuova delusione: anche stavolta una grotta che pareva essere partita bene ci ha respinti inesorabilmente.
Anche questa volta, sarà per la prossima volta!

Mez

giovedì 11 dicembre 2008

L'addetto alla stampella

Un tranquillo ponte della Madonna sulla neve di casa.

lunedì 8 dicembre 2008

Buca della Forbice

Se volete vedere le prime immagini di questo nuovo ingresso, che è stato battezzato Buca della Forbice, eccole qua: modeste, semplici, veloci e ...freddissime!

domenica 7 dicembre 2008

L'ultima scoperta tutta in salita


Vista più di un anno fa, ma troppo stretta per iniziare a esplorarla, questa nuova buca di Val Serenaia è stata finalmente scesa durante questo ponte dell'8 dicembre. L'aria fortissima che ne viene fuori fa pensare ad un possibile grande vuoto, ma l'esplorazione sembre essere più difficile del previsto. Con una serie di saltini e pozzetti Mez, Zanga e Sonia scendono per circa 40 metri, prima di fermarsi in ambienti sempre più stretti, fangosi e ..senza aria. L'aria si perde tutta in alto e quindi ritornano in cima per trovare una via alternativa. La via c'è, ma terribilmente impraticabile: l'aria proviene infatti da una frana sospesa e solo dei matti potrebbero cercare di disostruirla "dal basso". Ma siccome si sa che nel mondo speleo può accadere di tutto, e i matti hanno sempre abbondato, non poniamo limiti alla provvidenza...

venerdì 31 ottobre 2008

Cercando grotte...(3)

In questo terzo episodio c'è anche la parte già estrapolata della "esplorazione fallita" ovvero la ricerca di una prosecuzione impossibile appena 1 metro sottoterra....


Cercando grotte...(2)

Cercando di farsi male in mezzo ai tagli di cava, i nostri eroi trovano le strade più difficili per arrivare all'interno di un gande cava abbandonata...(secondo episodio).

Cercando grotte in Serenaia (1)

La scorsa estate, sempre in val Serenaia, abbiamo fatto un giro inseguendo arie di grotta. Avevo dietro la telecamera di Salvioli, e allora ne ho approfittato per fare un po' di riprese. Ne è venuto fuori un piccolo video, a tratti divertente, che ho pensato di condividere sul blog. L'ho diviso in 3 episodi. Ecco il primo.

venerdì 24 ottobre 2008

lunedì 20 ottobre 2008

Campo Sereno (ultimo)

Gli speleologi sono finalmente riusciti a liberare le loro grotte, a riprendersi il controllo del territorio e per festeggiare l'evento preparano un grande banchetto, invitando anche gli alleati toscani, rimasti per tutto il tempo in Carcaraia sotto la pioggia battente.

Fine della fiction e grazie per l'attenzione.

sabato 18 ottobre 2008

Campo Sereno 4

La prima spedizione per riprendrsi le grotte è andata male. Le truppe speleo hanno avuto la peggio, e a Campo Sereno si contano i danni e ci si prepara per la riscossa facendo i nuovi piani di liberazione.

giovedì 16 ottobre 2008

Campo Sereno 3

Nella terza puntata di Campo Sereno gli speleologi si apprestano a compiere il viaggio al centro della terra, quel viaggio che come disse Von Braun era scritto e non poteva essere rimandato... la via era aperta.

Campo Sereno 2

Questa è la seconda puntata del video di Campo Sereno 2002

Ormai gli speleo si sono sistemati nella loro nuova sede, e si apprestano ad insegnare ai giovani le tecniche per andare in grotta e per difendere il territorio dagli assalti dei nemici dell'Asbuc.

martedì 14 ottobre 2008

Campo Sereno 1

Nell'estate del 2002 è stato organizzato in Val Serenaia un campo speleologico che in qualche maniera è passato alla storia, un po' come i mitici SVAK, i campi speleo del GSPGC di Reggio Emilia in Carcaraia. Si chiama Campo Sereno, e durante i 15 giorni di campo è stato anche realizzato un video. Il video intergrale è di 17 minuti, ma per poter utilizzare il canale YouTube è stato diviso in più parti. Questa è la prima parte.... buona visione!

Grotte o sottoroccia? Non tutti i buchi con aria diventano grotte vere...

lunedì 13 ottobre 2008

Il catasto dell'aria




Val Serenaia, 11-12 ottobre 2008

Un week end estivo, un sole bellissimo, una temperatura da inizio settembre anche se siamo già a metà ottobre. Risaliamo la polverosissima strada di cava sul fianco destro della valle con l'obiettivo di "rinverdire" le sigle che il buon Salvioli ha messo su tutti i buchi soffianti che fino ad oggi sono stati da noi individuati. E' uno strano lavoro quello fatto da Salvioli, con una finalità tutta sua, che in parte ho capito e in parte no, ma che provo a raccontare.

Si tratta di un personalissimo e particolare catasto (il catasto dell'aria) che ha riscritto i parametri di catalogazione delle grotte, anzi dei buchi: per prima cosa un buco deve avere dell'aria, deve essere soffiante, altrimenti non interessa il catalogo (per cui semmai in Serenaia ci fosse una grotta con pitture preistoriche ma priva d'aria, non la troverete in questa raccolta); una volta verificato che l'aria viene realmente dal sottosulo, il buco viene fornito di una sigla indentificativa (Mc per Monte Cavallo - D per Donegani - G per Garneroncino) con relativo numero; ogni buco è provvisto anche di foto identificativa - scattata a 1 metro dall'ingresso o poco più - e che dovrebbe mostrarne le peculiarità morfologiche, ma per la maggior parte dei buchi si tratta di una specie di "aguzzate la vista" perchè sono tutti molto simili. Questi dati sono riportati in un contenitore a schede mobili, con breve descrizione del buco con foto, e sul terreno rimane solo il famoso numero dipinto accanto al buco. Semplice, no? Ma qui casca l'asino, perchè la vernice che in un primo momento era stata spacciata come "indelebile" alla prova dei fatti si è dimostrata una fregatura, in quanto dopo meno di un anno è in molti casi letteralmente svanita (in altri casi è ancora visibile ma moolto flebilmente... ) ed essendo la sigla l'unica cosa che permette l'identificazione dei vari buchi è evidente che va subito ripristinata. Da qui la decisione di rifare il giro di tutti gli ingressi e di riverniciarne le sigle con una vernice migliore, più resistente.

Siamo in quattro, Salvioli, Geo, Marinella e il sottoscritto; i buchi da siglare sono più di 100, il barattolo di vernice rossa è abbondante, e quindi... su e giù per la valle in questa attività da pensionati della speleologia. Alle fine del week end ne abbiamo siglati una trentina o poco più, e devo ammettere che è piacevole girare con sulle spalle uno zainetto da 3kg, quasi tutti di cibo e bevande, anzichè con gli zaini da 15 kg pieni di ferraglia e corde... altri tempi.

Restano altri 70 buchi da ri-siglare, e per le prossime settimane abbiamo già fatto dei programmi, tutti molto soft, che fra breve metteremo in lista per cercare altri pensionati....

martedì 7 ottobre 2008

Le reti di Buca Nuova

Se qualcuno aveva dei dubbi sul fatto che buca Nuova sia una grotta sicura, guardate che razza di reti abbiamo messi nei pochi punti dove c'era il rischio che qualche "sassolino" si staccasse dalla parete.
Queste immagini sono della primavera 2005, ma le abbiamo ritrovate solo in questi giorni...

mercoledì 1 ottobre 2008

C'era una volta...



Ciao a tutti.
Questo video girava qualche anno fa su internet. L'ho messo sul nostro sito perchè mi è sempre piaciuto e mi piaceva condividerlo con gli altri. Attendo commenti.

ciao,
francesco

venerdì 26 settembre 2008

Iscrivetevi al corso di speleologia 2008-2009


Sta per iniziare il nuovo Corso di Speleologia, che si svolgerà nel mese di ottobre 2008. Il corso è organizzato in collaborazione con il GSPGC di Reggio Emilia, ed è omologato dalla Società Speleologica Italiana. Tenuto da istruttori qualificati, il corso prevede lezioni teoriche in aula didattica, con proiezioni di video e diapositive; prove pratiche in palestra di roccia per conoscere le tecniche di base per la progressione in grotta; escursioni in Appennino e Alpi Apuane, discese in facili grotte sub orizzontali e discese più impegnative in grotte verticali. Per informazioni Francesco 335.7799732 - Alberto 339.5322485 . Ecco le date e l'elenco delle lezioni:

27/28 settembre Sabato e Domenica :Escursione nel Parco dei Gessi di Monte Rontana Grotta del Rio Basino – Brisighella Faenza

2 ottobre Giovedì – Lezione teorica sulla tecnica e preparazione del materiale individuale

4/5 ottobre Sabato e Domenica – Palestra di roccia alla Pietra di Bismantova – Tanone grande della Gacciolina

9 ottobre giovedì – Elementi di geologia - Carsismo e lettura del paesaggio carsico

11/12 ottobre Sabato e Domenica – Parco dell’Orecchiella con visita alla Grotta “Porta della Ripa” – Palestra di roccia

16 ottobre giovedì – La vita animale e vegetale nelle grotte. I fenomeni di concrezionamento

18/19 ottobre Sabato e Domenica – Escursione nella Vena del Gesso Romagnolo con visita alle Grotte “Abisso Fantini” e “Ca’ Poggio”

23 ottobre giovedì – Cartografia e rilevamento topografico – Prevenzione degli incidenti e primo soccorso in grotta

25/26 ottobre Sabato e Domenica – Escursione nel Parco delle Alpi Apuane con visita alle Grotte “Abisso Arbadrix” e “Aria Ghiaccia”

31/1/2 Novembre Raduno Nazionale di Speleologia - Valle Imagna (BG)

giovedì 25 settembre 2008

L'Osm torna in rete


L'Organizzazione Speleologica Modenese, ovvero il Sottosopra di Modena, ha un nuovo sito internet. E' un blog, che si spera possa servire a dare qualche informazione utile a chi, per scelta o per sbaglio, si avvicina al mondo delle grotte.
O magari possa servire solo a far passare qualche minuto di svago di fronte alle foto o ai video sul mondo sotterraneo che qui si possono vedere, e poi chissà magari viene la voglia di andare di persona a guardare com'è fatto questo mondo delle grotte, a fare un corso di speleologia.

lunedì 7 luglio 2008

Il labirinto di Cavatorre


5 e 6 Luglio 2008

Su Cavatorre, Val Serenaia, Alpi Apuane (LU)

Da tempo cavatorre non vedeva così tanta gente, ed infatti io e Mez, viaggiatori solitari, ci riveliamo subito impacciati nella scelta delle squadre: la democrazia in questi casi non vale e tutti vorrebbero andare al fondo, ma sarebbe il gelo! Alla fine ci siamo divisi in tre: Mez, Corsi e Ciult verso il nuovo fondo; Siria, Enrica e Sonia al rilievo; Luca e Cri a vedere una risalita sulla via del nuovo fondo. Entriamo sabato con molta calma, sia a causa degli oramai consolidati ritmi aglianici, sia per il traffico trovato da Luca e Cri. Il primo obiettivo che si incontra a scendere, la risalita fatta da Luca e Cristina nell'a-monte della portata idrica principale, ha portato contro una frana, con un'aria che ha fatto quasi ibernare i due.

Siria, Enrica e Sonia hanno rilevato tutto il meandro nel marmo che si incontra a -200 circa. Il rilievo è fermo poco prima del primo pozzo importante della grotta (circa 35 metri). Non è stato assolutamente semplice, ma speriamo che la grotta si "allarghi" un pò e che questo sia l'ultimo tratto di rilievo impegnativo.

L'esplorazione la volta precedente si era fermata alla base del suddetto P35, da dove hanno proseguito Mez, Ciult e Corsi. In realtà erano da vedere delle belle finestre sul pozzo, ma i tre moschettieri hanno saggiamente deciso di infilarsi in passaggi stretti in frana fino a trovare un altro bel meandro stretto nel marmo. Per fortuna sono stati ripagati da una sequenza di pozzi, un 30 ed un 40, chiuso alla base. Grillandi, che intanto aveva raggiunto gli altri insieme alla Cristina ed ha sceso il P40, racconta comunque di una bella finestra a circa 15 metri dalla base, che Mez ha invano cercato di raggiungere.

Un dato molto interessante viene dal rilievo: udite udite. Alla fine della parte peggiore del temibile meandro di -200 c'è un pozzo di circa 20 metri sceso da Wainer a settembre dello scorso anno...l'attacco di questo pozzo è distante 3 metri in dislivello e meno di 20 metri in pianta dal vecchio fondo (sifonante)...sarebbe bello "stappare" il sifone dal basso!

Alla prossima!

Siria & Mez

Partecipanti: Roberto Corsi, Luca Grillandi, Alberto Mattioli, Enrica Mattioli, Andrea Mezzetti, Siria Panichi, Cristina Silvestroni, Sonia


martedì 11 marzo 2008

Buca Nuova è verde!


10 marzo 2008

Alla fine ce l'abbiamo fatta. A cinque anni di distanza dalla prima discesa in Buca Nuova - quando ancora la grotta più profonda di Serenaia era solo uno scivolo di sassi rotolanti che cadevano in un pozzo - ieri siamo andati a colorare le sue acque, per sapere con certezza dove queste vanno a risorgere. Squadra numerosa,ben 7 persone, anche perchè l'ipotesi iniziale era quella di arrivare fino a -500, disarmare circa 100 metri di grotta, e mettere il tracciante a -400, dentro un bel laghetto che sembra fatto apposta per essere colorato. Niente di tutto ciò. Venerdì sera infatti il meteo non era proprio clemente; sul Pradarena nevicava, le Apuane erano immerse in un mare di nuvole minacciose, e la temperatura non era molto bassa, anzi. La condizione "migliore" per ritrovarsi conun mucchio di acqua in grotta, magari con una piena che ti becca nel punto peggiore.... Temendo ciò cambiamo un po' i piani e decidiamo di mettere il colorante a -200, sopra il p.64 (pazienza per le corde, si laveranno con le piene successive). Il giorno dopo, sabato mattina, con una leggera pioggerella che ti inumidisce la capoccia, saliamo lungo la strada per la buca: Sira, Mez, Adriano, Mirko, Daniele e Linda (due speleo livornesi) e il sottoscritto (Marinella questa volta ha deciso di passare....). Dentro i tubolari quasi nulla, a parte 4kg di fluoresceina, 1 bidone da 5 litri con bastone per mescolare, 2 faretti, 1 flash, 1 casco truccato con luce alogena, 3 batterie al piombo, 1 cavalletto, 1 macchina fotografica, un mucchio di guanti da sala operatoria, corde, attacchi, piumini e alto per scaldarsi e ovviamente cibo (come avrete capito la colorazione è stata ampiamente documentata da Conte). Poco prima dell'una entriamo in grotta. Scendiamo i primi pozzi e non sembra che ci sia molta acqua; superiamo la strettoia UDM e arriviamo al traverso (-110). Sotto di noi c'è un P.15 con il primo sifone della grotta. Mez, che si è portato la corda per scendere il pozzo, va giù per primo. Il posto è comodo, non molto spazioso, ma con una discreta quantità d'acqua; e visto che l'acqua c'è, forse anche di più che a -200, ci fermiamo lì e iniziamo le operazioni. Alle 3 del pomeriggio circa cominciamo ad immettere il colorante; operazione lunghissima, lentissima, con tutta la fluo da sciogliere per benino un po' alla volta dentro il bidone apposito e poi versarla nel laghettino cha abbiamo creato con dei sassi. All'inizio facciamo tutti molta attenzione a non sporcarci di colorante, tutti con i guanti, lontani dal verde micidiale, ma dopo un po' non c'è niente da fare, ogni cosa è diventata un po' fluorescente, e le luce dei led fa risaltare il tutto ancora di più. Mirko e Siria sembrano i fratelli di Sherk; Adriano si sposta da una roccia all'altra per trovare la giusta inquadratura per le sue foto, lasciando orme marziane; Mez sta appeso alla corda sperando di non macchiarsi, ma non sono certo ci sia riuscito... Verso le 5 finiscono le operazioni di scioglimento della fluoresceina e per un'altra oretta continuiamo a pulire il verde da tutti gli anfratti dove si è cacciato: nicche, vaschette, scallops, scarponi, orecchie, nasi.... Poi si va fuori. Prima di uscire Adriano va a -200 a vedere se per caso il colorante è già arrivato lì, ma niente, e c'è anche pochissima acqua (abbiamo fatto bene a fermarci prima!). Alle 7 di sera il primo è già fuori dalla grotta.Ha smesso di piovere, non c'è freddo e siamo in mezzo alla nebbia (o alle nuvole) e non si vede a 5 metri! Scendiamo seguendo le orme sulla neve che per fortuna ci guidano al sentiero e poi giù fino alle macchine. Ad Agliano ci aspettano con una cena superba fatta di arrosti e patate, preceduta da pasta al forno e innaffiata con vino rosso... Adesso non ci resta che attendere l'analisi dei primi captori... o il rapporto dei carabinieri sul mistero delle acque verdi apuane.

e come dice il poeta... 'ndo culu alla fluorescenina!

Francesco

domenica 13 gennaio 2008

Buca Nuova, il meno 700 di val Serenaia

Che la grande grotta presente nel versante nord della val Serenaia, il Pannè, non fosse l'unica di quelle dimensioni - 5 chilometri per 600 metri di profondità - lo avevamo sempre saputo; così come sapevamo che eravamo stati solo sfortunati a non trovarne un'altra, grande, bella, profonda e lunga, nei marmi che formano l'altra metà della valle. Era questione di fortuna, e di perseveranza. Anche se tutti fine settimana setacciavamo senza sosta ogni angolo dei boschi che ricoprono le pendici ovest del Pizzo d'Uccello, non ci accontentavamo delle pur importanti scoperte di due abissi, distanti e separati, profondi oltre 300 metri ognuno (vedi Speleologia n.50). Ci doveva essere dell'altro, ma dove? Avevamo riempito la valle di piccoli “cantieri”, brutti a vedere ma sempre meno orrendi dei giganteschi squarci provocati dal lavoro di cava, quel lavoro che ha profondamente ferito per quasi un secolo tutto il lato ovest della valle, lasciando ben 28 cave in disuso e abbandonando una quantità enorme di lamiere, attrezzi, cavi, carrucole, quadri elettrici, bidoni, pali, baracche sfondate, suppellettili, pneumatici, ruspe arrugginite e camion senza ruote in un paesaggio sempre in bilico fra la bellezza naturale e il disordine umano.
I nostri “cantieri” al confronto erano punte di spillo fra immensi crateri, nonostante alcuni avessero raggiunto dimensioni per noi ragguardevoli. Ed è stato proprio andando a rivedere uno di questi cantieri, in un giorno d'agosto del 2003, che casualmente ci siamo trovati ad aprirne un altro. Ci eravamo fermati all'ombra dei primi alberi di un boschetto per consumare un panino al riparo dal sole che in agosto implacabile martella le bianche placche di marmo, diffondendo una luce abbagliante tutt'intorno come su un ghiacciaio alpino. Accanto a noi c'erano solo alcune roccette di poco conto, un pendio erboso e grandi faggi frondosi. Io credo che ogni speleologo abbia dentro di sé il vizio di scavare, il vizio di provare, anche se senza nessun senso, a smuovere qualche piccola zolla di terra attorno a dove si ferma, dove si siede, pensando, inconsciamente, che le grotte si aprono dove e quando vogliono loro, nei posti più impensati, anche lontano dalle classiche situazioni da manuale, e che quindi basta un sasso che casualmente faccia vedere un piccolo insignificante vuoto sotto di sé che subito viene voglia di rimuoverlo. E così, su un canalino appena accennato di terra polverosa e compatta, grattando per gioco attorno ad un sasso un po' sporgente, un fiotto d'aria viene su malandrino, sollevando perfino un po' di polvere. Sguardo attonito, silenzio interrogativo, boccone deglutito rumorosamente e poi subito a scavare, dapprima con superficiale attenzione, poi con foga da minatore che insegue la vena aurifera. Più si scava e più l'aria aumenta, anche se le continue frane di terra ci fanno rifare il lavoro più e più volte. In poche ore abbiamo rimosso una enorme quantità di sassi e terra, alla ricerca della “roccia in posto” che ci faccia battezzare un preciso punto di partenza dell'ennesimo cantierino. La presenza di un inghiottitoio poco più in alto sullo stesso canale ci fa temere che sia solo una corrente d'aria superficiale che circola fra i due buchi, ma continuiamo a scavare, e dopo aver dato fondo a tutte le energie rimaste rimandiamo il lavoro al giorno dopo.
La mattina seguente bastano poche decise “bracciate” aiutate da pale, picconi e secchi e sotto di noi si apre il primo pozzo, una stretta frattura che scampana, profonda 4 metri, seguita da un piano inclinato di una decina di metri. Ci siamo, è grotta, l'aria e l'umidità non mentono, il forte odore di muffa sempre presente nei primi metri degli ingressi non lascia dubbi. Sta per cominciare una nuova avventura.

Da 0 a -300
Buca Nuova, che nel corso del primo anno ha cambiato diversi nomi prima di chiamarsi definitivamente con quello più banale, è stata esplorata molto lentamente, principalmente a causa dei continui lavori di disostruzione, alcuni necessari all'avanzamento (strettoie), altri alla sicurezza (frane), altri ancora al consolidamento dell'ingresso che, essendo stato interamente scavato, è rimasto sempre poco stabile costringendoci a continui lavori.
Le prime esplorazioni, condotte nell'estate del 2003 ci portano subito a scendere modeste ma bellissime verticali, interamente e fantasiosamente scavate nei marmi. Purtroppo il primo ostacolo lo incontriamo dopo soli 50 metri di dislivello: un tappo di frana cementata da fango biancastro (marmettola) ostruisce il primo grande pozzo della grotta, un P.50, che riusciamo a liberare dopo vari tentativi. Alla sua base si sono però accumulati tutti i sassi scaraventati già dalla disostruzione e altri lunghi lavori ci attendono. Poi ancora un ostacolo, questa volta un restringimento delle pareti lungo una frattura.
E' solo dopo 5 mesi, durante le vacanze natalizie, che riusciamo ad andare oltre raggiungendo cosi l'attacco di una grande verticale, intercettata a metà della sua altezza e scesa con grande fatica durante una gigantesca piena nel mese di gennaio 2004. E' stata la nostra fortuna, perché solo così siamo riusciti ad armarla completamente fuori dall'acqua, anche se per arrivare in fondo ai suoi 64 metri abbiamo dovuto mettere ben 14 frazionamenti e utilizzare una quantità spropositata di corda. Alla base di questo pozzo parte uno scivolo ad anfiteatro (l'Imbuto) che oltre a fungere da instradamento forzato per ogni sasso caduto dall'alto, si getta su un vuoto di 30 metri, perfettamente verticali, e senza nessuna parete decente sulla quale approntare un attacco per scendere. La prima discesa dell'Imbuto è stata una vera faticata, con il rumore assordante della cascata in piena, le batterie del trapano agli sgoccioli che ci permetteva di usare solo fix corti, i frazionamenti tirati a più non posso per risparmiare corda e un nodo finale (nel vuoto) a pochi metri dall'atterraggio. Di più non si poteva fare.


L'Enigma e il Pozzarello
Passati sotto le cascate dei due pozzi, la grotta cambia aspetto. Si entra in un ramo fossile. Un bel meandro, con le pareti che si sfarinano al contatto dei nostri scarponi, niente più rumore assordante, niente fango appiccicoso, niente nebulizzazione e per di più inversione della corrente d'aria. Buon segno, ma dura poco. Superiamo i due salti che vi si trovano in mezzo e.... sorpresa! Sbuchiamo in una forra alla base di un altro grande pozzo, di almeno 50 o 60 metri, del tutto simile a quelli scesi precedentemente, anche lui con presenza d'acqua, solo stillicidio forte, per fortuna. Seguiamo la via dell'acqua, lasciando il camino e puntando verso il basso, ma le pareti stringono inesorabilmente, impedendoci di proseguire. E' in questo punto della grotta che per lunghi mesi cercheremo un passaggio per il fondo, setacciando ogni roccia, arrampicando, ritornando allo stesso punto, scendendo saltini e percorrendo brevi e contorti meandri che riportano sempre alla base del camino; seguendo improbabili fessure e infilandoci fra gli strati leggermente allargati dall'acqua. Poi, finalmente, quando ormai non ci credevamo più, una via sembra essere quella buona; ci fa scavalcare il punto stretto e lontano, fra le rocce, sentiamo di nuovo l'acqua del torrente. Strisciamo verso il punto buono, ma non si passa. Occorre disostruire, e non sappiamo quanto. Che fare? Siamo 300 metri sottoterra, ad almeno 6 ore dall'ingresso, e portare tutta l'attrezzatura da disostruzione fin lì senza sapere quanto lavoro ci vorrà è una prospettiva che ci piace davvero poco. Alla fine decidiamo di fare un solo tentativo: o si passa o si disarma (quante volte lo abbiamo sentito dire...).
Nell'estate del 2004 facciamo questo ultimo tentativo, e le cose vanno proprio bene: in una sola uscita si passa. Di là da questo stretto pozzarello riprendiamo la via dell'acqua, che si è scavata un passaggio fra gli strati compatti di marmi dolomitici, guadagnando metri e metri di profondità. Avanziamo accanto ad una magnifica cascata e, come da manuale, siamo di nuovo sull'orlo di un pozzo. Non abbiamo corde, si torna fuori.

Sicurezza, innnanzi tutto

La grotta inizia ad approfondirsi e cominciamo a guardare con sospetto tutti i punti “deboli” che abbiamo superato in questo primo anno di esplorazione. Ci sono parecchi passaggi che non sono proprio belli; in alcuni le rocce hanno davvero l'aria di star per cedere da un momento all'altro. Presi da un desiderio di ridurre al minimo i rischi, anche perché reduci dall'incidente occorso pochi mesi prima ad un nostro amico in Carcaraia, decidiamo di dedicare un po' di tempo a “bonificare” i passaggi sospetti, a partire dall'ingresso. La grande “operazione sicurezza” ci costerà parecchio tempo. Quasi 6 mesi senza più mettere piede in profondità, con l'ingresso franato da riaprire, un'altra frana a -50 da sistemare con reti metalliche e tiranti, sudore e lacrime pensando a tutto il materiale rimasto dentro, col dubbio di non riuscire più a riaprire la grotta. Per fortuna le cose si stabilizzano e nella primavera del 2005 ritorniamo in buca, ricominciando l'esplorazione da dove l'avevamo interrotta.
Siamo a -400 e la grotta ha un po' cambiato faccia, gli ambienti sono sempre molto grandi e caratterizzati da pozzi con grandi massi di crollo alla base, ma si va. Una grande forra, profonda 80 metri e larga più di 10 ci impegna un bel po' con i soliti traversi e l'enorme numero di frazionamenti necessari per scenderla, ma alla sua fine il marmo bianco viene alla luce e in una punta effettuata il 2 giugno 2005 raggiungiamo il Pozzo Cazeglio (così battezzato in onore dell'allora presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, per via di un suo discorso in difesa dei valori antifascisti nel giorno della festa della Repubblica).
Per evitare di fare un'unica calata nel vuoto ci inventiamo di tutto pur di raggiungere la lontanissima parete opposta, e questo frazionamento si rivelerà vitale per il prosieguo delle esplorazioni. Alla base del Cazeglio un bel meandro ci porta fino a -500, nuovo campo base dal quale faremo partire le successive punte. L'entusiasmo è alle stelle, siamo convinti che con queste ultime esplorazioni siamo sulla via che ci porterà fino alle ipotizzate gallerie di base, quelle che “devono” congiungere Carcaraia a Equi passando da Serenaia. Per l'estate si preannuncia un campo estivo coi fiocchi, e dando fondo a tutte le risorse finanziarie del gruppo (e degli amici del gruppo), facciamo il pieno di materiale.

Il fondo di Buca Nuova
Siamo tanti in agosto del 2005, e visto che sognare non costa nulla abbiamo cominciato a pensare ch non è escluso che si raggiunga davvero il livello di base, ipotizzato a circa 1000 metri di dislivello dell'ingresso. Siamo già tornati oltre il campo base di -500 e la grotta continua con altri pozzi, sempre belli e grandi, per altri 100 metri ancora. Abbiamo lasciato il materiale all'attacco di un altro grande pozzo e ci prepariamo per una punta lunga. Il rilievo è stato un po' trascurato nell'ultima parte di esplorazioni e così organizziamo varie squadre per fare più cose possibili, foto incluse. Scendiamo ancora un altro pozzo, e poi ancora un altro, un bel terrazzo e un altro grande pozzo, non si ferma più...
Poi i pozzi finiscono e inizia un meandro non molto largo, qualche saltino e poi la triste notizia: il sifone!
Eccolo, il sifone, quella cosa che in grotta in esplorazione ti lascia sempre l'amaro in bocca, ti senti tradito, fregato, frustrato. Tu lì con tutti i sacchi pieni zeppi di materiali, con le batterie cariche di energia che gridano vendetta, con tutta la ferraglia che pesa il triplo che in magazzino, e lui lì, immobile, senza aria, che placidamente riposa cullato da un rivolo che lo alimenta e da qualche goccia che lo fa cantare.
Di fronte al sifone si fuma, ci si accende la sigaretta, almeno quelli che condividono con me questo vizio, e si pensa, si pensa. Immediatamente si torna su con la mente, alla ricerca di tutti i bivi, le finestre, i passaggi o le ombre sulle pareti che non abbiamo visto bene, e ci si consola, sperando che un by-pass si possa ancora trovare. Il sifone di Buca Nuova, a -700, è anche un brutto sifone, con acqua poco limpida, lungo circa 6 metri e largo poco più di 2. Lì attorno non c'è modo di passarlo, e se c'è una via possibile è sicuramente più in alto, alla base dell'ultimo grande pozzo sceso.

Sulla via del ritorno
Per i 5 mesi successivi le esplorazioni in Buca Nuova hanno un unico obiettivo: risalire in artificiale per raggiungere le tante finestre che abbiamo visto qua e là scendendo i vari pozzi. La prima da “attaccare” è proprio sul fondo, raggiunta con appena una decina di metri di risalita; da questa finestra parte un ramo perpendicolare a quello del sifone, lungo un centinaio di metri, con una fortissima aria, che però porta ad un cunicolo basso e sabbioso, assolutamente impraticabile senza una seria e impegnativa opera di disostruzione.
Altre risalite, fra l'acrobatico e lo scavezzacollo, non ci danno risultati degni di nota e un by-pass non si riesce a trovare. Abbandoniamo amaramente le ricerche sul fondo ed iniziamo a disarmare, spostando verso quote superiori le nuove punte esplorative. A -600, dopo 20 metri di risalita, entriamo in un nuovo ramo laterale; sembra la fotocopia di quello sul fondo, con tanta aria, un po' di concrezione, meandro, saletta, pozzettino e purtroppo anche due pareti che si avvicinano sempre più e che dicono ancor una volta che da lì non si va.
Le uscite si fanno sempre più rade, si comincia a pensare anche al disarmo. In grotta c'è tanto materiale e ci vorranno parecchi week end e parecchie persone per portare tutto fuori. E poi c'è da organizzare la colorazione (anche se siamo sicuri che l'acqua risorgerà ad Equi Terme) e per far ciò bisognerà coordinarsi con la Federazione Toscana.
Nel mese di marzo del 2008, sotto la guida della FST, immettiamo nel primo sifoncino pensile, quello di -100, circa 4 kg di colorante. C'è pochissima acqua in grotta tanto che facciamo non poca fatica a sciogliere il colorante. Poi, lentamente, ogni cosa diventa verde e la fluoresceina prende la via del fondo. Risorgerà dopo circa una settimana ad Equi, confermando, semmai ce ne fosse ancora bisogno, che l'acqua di Serenaia va sempre a nord, dai calcari selciferi ai marmi.

In conclusione
Forse nel cuore profondo di Val Serenaia non ci sono le grandi gallerie che abbiamo inseguito per 14 anni; forse i marmi piegati e ripiegati insieme ai calcari selciferi e ai diaspri, hanno creato una rete tipo colabrodo capace di filtrare grandissime quantità d'acqua su un vasto territorio ma incapace di far passare noi umani; forse più a nord, nell'altra valle, il gallerione c'è, unico ed enorme, che raccoglie l'acqua solo dopo che questa ha oltrepassato il confine immaginario formato dal crinale; forse quando facciamo le colorazione nei bacini c'è più o meno acqua e questa si muove più o meno lentamente e noi sogniamo cose che non possono esistere; forse è meglio così perché che senso avrebbe pensare di poter scoprire tutto, in una sola generazione di speleologi?

Chi ha esplorato Buca Nuova?
Gli stessi speleologi che da ormai 15 anni esplorano le grotte in Val Serenaia, emiliani principalmente, da Modena e da Reggio Emilia e da Bologna, assieme agli amici toscani e catanesi. Sono sempre stato restio a fare elenchi di nomi, ma forse in questa occasione posso anche permettermi di farlo cominciando dai primi che hanno trovato e aperto la grotta e finendo negli ultimi che hanno iniziato a disarmarla: un grazie quindi a Jenny e Driss, per averci creduto fin dal primo sasso; a Teto, Andrea e Michele, che hanno sceso solo i primi pozzi; a Geo, Luca, Enrico, Gigi, Franco, Mario, Marco, Sandro, Gianluca, che hanno forzato i passaggi più stretti mettendoli in sicurezza; a Pietro, Lucio e Pito, che per la prima volta esploravano un abisso apuano; ad Andrea, Siria, Enrica, Gaetano, Angela, Fiorenzo, Adriano, Wainer e Lella, che sono arrivati fino al fondo cercando anche di andare oltre; a Luca, Cristina, Nebbia, Elena, travolti dalla piena per darci una mano a portar fuori dei sacchi; a Stefania, Sauro, Paola e a tutti coloro che ci hanno nutrito quando uscivamo di grotta al mattino presto, e a tutti gli altri che spero mi perdoneranno se non li ho citati.


La piena e il chiodo
Ha piovuto tutta notte ad Agliano, e questa mattina le nuvole corrono veloci in un cielo grigio azzurro, ma non minacciano pioggia. Ci siamo ritrovati in tanti per questa prima uscita di disarmo di Buca Nuova. Contando sul fatto che la grotta è stata esplorata spesso in giornate come queste, dopo un temporale, sappiamo che tutti gli attacchi sono abbastanza lontani dall'acqua e ciò ci rassicura. Non dappertutto però, specialmente da – 450 in giù.
Scendiamo velocemente in fondo alla grotta, proprio per evitare che il mutevole tempo di Serenaia non voglia castigarci anticipando l'arrivo di una perturbazione prevista per il giorno dopo. Il disarmo delle parti profonde è molto rapido, e cominciamo a risalire in gran fretta, proprio per essere fuori da ogni possibile pericolo di piena. Ma non è così. Al campo base di -500 siamo rimasti in tre, Nebbia, Luca ed io; tutti gli altri sono già più in alto. Mentre ci stiamo preparando un tè ristoratore vediamo l'acqua del laghetto accanto a noi che improvvisamente comincia a salire. Il rumore è forte, ma non tanto diverso da quello che c'era prima, è la solita falsa impressione, penso. In pochi minuti però l'acqua è davvero aumentata di circa dieci centimetri e non si ferma... continua a crescere a vista d'occhio! Mettiamo subito via pentolino e fornello e iniziamo a rivestirci di gran carriera, per scappare prima possibile ed evitare di rimanere intrappolati. Quando salgo il primo pozzetto l'acqua è già a mezza gamba (in regime normale bagna appena gli scarponi). Mi infilo nel meandro sopra di me ormai immerso fino al torace, con la corrente che mi spinge indietro verso il pozzo, il sacco pieno d'acqua che pesa cento chili; cerco la longe sott'acqua per farle passare un frazionamento (non oso andare in “libera”) e abbozzando una specie di opposizione avanzo ancora un po'. Per fortuna il meandro è molto alto e riesco a rimettermi all'asciutto. Mi riposo qualche istante e poi raggiungo il primo pozzo grande, il Cazeglio, completamente inondato da una cascata enorme. Siamo decisamente preoccupati, con 2 sacchi a testa pieni zeppi, che abbandoniamo subito appendendoli al moschettone di un attacco arretrato. Poi Nebbia decide di risalire sotto l'acqua. “ Se si sta attaccatissimi alla parete si riesce a star fuori dal getto – ci urla nel fragore della cascata - e una volta raggiunto il chiodo non c'è più problema”. Sarà, ma non posso fare a meno di pensare a tutte le tragedie capitate a chi, preso dal panico, ha cercato comunque di salire sotto cascata; il freddo che congela le mani, l'acqua nebulizzata che fa respirare male. Vedo già i titoli sui giornali e cerco di capire se è una scelta lucida o è un errore. L'acqua è concentrata nel mezzo del pozzo e realmente se si sta attaccati alla parete si passa; c'è un frazionamento che te lo permette, che ti guida lì; un semplice e inutile frazionamento; fatto senza motivo nel bel mezzo di un pozzo a campana, messo lì solo per spezzare la discesa unica e accelerare i tempi di risalita, e che questa notte sarà la nostra salvezza. Nebbia ci prova, quasi d'impeto, più preoccupato che la piena aumenti che di non farcela al primo tentativo. Sale lungo la corda e dopo pochi metri sparisce alla nostra vista; vediamo solo le sciabolate dell'elettrico che ci dicono che sta raggiungendo il frazionamento. Pochi lunghissimi minuti e sentiamo il “libera”. E' fatta, anche perché questo è l'unico punto realmente a rischio: dopo anche con la grotta in piena non ci sono più problemi. Benedetto chiodo, non smetterò mai di ringraziarlo.
Saliamo il Litoinferno, le Sfogliatelle, il Pozzarello, l'Enigma, e arriviamo alle zone fossili a -300 dove incontriamo gli altri; il rumore delle numerose cascate che la piena ha innescato è assordante, e le comunicazioni con chi è in alto sono pressoché nulle, ma non ci sono più ostacoli fra noi e l'esterno. Nove ore dopo siamo tutti fuori, stanchi, infreddoliti, bagnati come pulcini, ma tanto tanto riconoscenti al quel fantastico, superfluo e irripetibile frazionamento.

Francesco De Grande